Letta attacca gli anti-europeisti: sono miopi, creano solo macerie

Enrico Letta (foto Daniel Dal Zennaro - Ansa)
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Lunedì 9 Dicembre 2013, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 10:34
Fermarsi a guardare la pagliuzza delle differenze rispetto alla grandezza globale è pura miopia che può far vincere una singola campagna elettorale ma alla fine costruire solo macerie». Così il premier, Enrico Letta, a un convegno sull'Europa a Milano. «Sono ripartiti gli atteggiamenti sciovinisti sulla longitudine e sulla latitudine, sono una sciocchezza», ha poi aggiunto, ribadendo che «la crisi ci ha lasciato in eredità la rinascita degli sciovinismi e dei nazionalismi».



«Fermarsi a guardare la pagliuzza della differenza tra noi e la Germania, tra il Portogallo e la Slovenia è pura miopia - ha sottolineato Letta - che può servire a far vincere una singola campagna elettorale ma costruirà solo macerie». E dunque quella che si ha davanti è «una sfida politica straordinariamente coinvolgente» secondo il premier nella quale bisogna mettere «coraggio e cuore» e anche «rischiare forza e leadership». Si tratta di una battaglia a livello europeo. «Questa battaglia dobbiamo farla per l'Europa, che servirà ai nostri figli», ha detto ancora Letta tra gli applausi, compreso quello di Mario Monti, che era seduo in prima fila.



«Non credo che se l'Unione europea nei prossimi anni si ferma riusciremo a tenere le conquiste che abbiamo ottenuto. Andiamo indietro», ha proseguito il premier. «Possiamo perdere ciò che abbiamo costruito oppure andare avanti - ha aggiunto - e bisogna combattere, non basta fare andare avanti le cose per inerzia».



«In questo momento noi siamo con il vento contro in Europa» e questo vale anche per le «cose che si fanno a livello nazionale», ha osservato ancora il presidente del Consiglio, aggiungendo che «chi butta la benzina sul fuoco delle cose che non vanno in Europa trova favore». Ed è per questo che va fatta una battaglia culturale e politica nella quale bisogna «mettere la faccia». L'esempio che Letta ha fatto di decisioni europee che non hanno avuto il giusto risalto è stato quello della fine del roaming per i telefonini che permetterà alla gente di risparmiare. «Non gliene è fregato niente a nessuno - ha osservato - nei media o nell'opinione pubblica».



«A Bruxelles diremo che l'unione bancaria deve essere raggiunta: l'unione bancaria, lo so, non evoca un sogno ma è indispensabile», ha detto ancora il premier. Letta ha sottolineato che «senza l'unione bancaria l'Europa è affondata» nella crisi e ha aggiunto che «è importante per evitare l'avvitamento». Per l'Ue Letta ha parlato dell'importanza dei progetti per un'unione bancaria, politica, economica e fiscale, un risultato che dovrà essere raggiunto in dieci anni e in cui - ha sottolineato - l'Italia sarà «all'avanguardia».



«Per noi Expo Milano 2015 avrà lo stesso impatto delle Olimpiadi di Roma del 1960», ha sostenuto poi il premier, perché «sarà l'occasione per mostrare un paese che sta ricominciando a crescere». Infatti, per il presidente del Consiglio, la manifestazione universale giocherà un ruolo simile a quell'edizione dei Giochi che «mostrarono al mondo cosa era stato il miracolo economico italiano, mostrarono un paese che dopo le distruzioni della guerra era in grado di essere guida». «Expo è un avvenimento fondamentale per il futuro del nostro paese e oggi - ha aggiunto - c'è con chiarezza la percezione che Expo farà di Milano la capitale europea».



Contro i nuovi giganti emergenti nel mondo, l'Europa deve essere unita e usare il suo «soft power» per continuare ad essere influente, ha poi sostenuto il presidente del Consiglio. «Tutti dobbiamo renderci conto che dobbiamo essere uniti, capendo che è più quello che ci unisce che quello che ci divide. E a quei livelli», ovvero nella sfida alle nuove potenze emergenti, «rendere influenti i nostri valori. Dobbiamo far sì che siamo ancora vincenti nel mondo con il nostro straordinario soft power che ci faccia recuperare quello che non abbiamo, le dimensioni. Se lo vogliamo, dobbiamo usarlo tutti insieme». È questa, secondo il premier, l'eredità da lasciare ai nostri figli che «valuteranno se consegniamo un'Europa divisa e ininfluente o se siamo in grado di unirci e superare le difficoltà».