Lavoro, Jobs Act entro ottobre. Renzi: va superato l'articolo 18»

Il ministro del Lavoro Poletti
di Alberto Gentili
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Domenica 14 Settembre 2014, 05:56 - Ultimo aggiornamento: 10:50
Non un caso che Matteo Renzi, dal palco della Fiera del Levante, abbia lanciato un'altra sassata contro il sistema di regole del mercato del lavoro. Statuto compreso. «Il settore in cui è più forte la disuguaglianza è il mondo del lavoro. Il sistema è profondamente iniquo, lo dico a chi contesta da sinistra», ha scandito il premier. E a palazzo Chigi, sotto la supervisione del consigliere economico Yoram Gutgeld, il governo sta mettendo a punto una road map per «superare e ammodernare l'articolo 18» dello Statuto dei lavoratori.



«SUGGESTIONE NON SOSTANZA»

Ciò significa che Renzi, se riuscirà a superare le forti resistenze del suo partito, metterà mano al meccanismo del reintegro a fronte di un licenziamento senza giusta causa. «L'articolo 18», spiegano a palazzo Chigi, «è più un problema di percezione e suggestione, che di sostanza. Ogni anno ci sono circa 40mila casi affrontati sulla base dell'articolo 18, di questi l'80% sono risolti con un accordo, ne restano 8mila. Di questi 8mila, in 4.500 il lavoratore perde totalmente, in 3.500 il lavoratore vince e in due terzi dei casi ha il reintegro. Insomma, come ha già detto il premier, si sta discutendo di una cosa che riguarda non più di 3mila persone l'anno». In estrema sintesi: «Se si cambia e si modernizza l'articolo 18, non si mette in discussione una tutela decisiva, mentre bisogna assolutamente dare tutele a chi non ne ha».



L'idea di Renzi è quella di approvare, con «una corsa forsennata», la legge delega denominata Jobs act entro ottobre. «Poi affronteremo l'articolo 18 con i decreti attuativi», spiega un consigliere del premier. Lontano dalle aule e dalle commissioni parlamentari, dove la componente del Pd contraria alla riforma è forte. E il reintegro presumibilmente sarà sostituito con un indennizzo crescente in base all'anzianità aziendale, in modo da scoraggiare il licenziamento delle «professionalità mature e più costose».



A spingere Renzi in questa «direzione di marcia» gradita al Ncd di Alfano non c'è soltanto l'intenzione di «offrire maggiore equità all'intero mercato del lavoro» e «dare una forte spinta all'occupazione». Contro l'articolo 18 aveva puntato l'indice la Banca centrale europea nella famosa lettera di raccomandazioni dell'agosto del 2011. E quando Mario Draghi un mese fa ha chiesto all'Italia «un segnale forte», il presidente della Bce ancora una volta ha lasciato intendere che questo segnale deve arrivare soprattutto dalla riforma del lavoro. In più, da tempo a Bruxelles si guarda con attenzione alla stessa questione. Tant'è, che “il nuovo mercato del lavoro” è stato inserito a giugno tra le raccomandazioni della Commissione europea. Dunque, «l'ammodernamento» dell'articolo 18 potrebbe fruttare a Renzi quella «premialità» o «flessibilità», nel raggiungimento degli obiettivi di bilancio, che cerca da tempo. Obiettivo: evitare dolorose manovre di correzione dei conti.



Che tutto porti in questa direzione e che il governo non si fermerà al contratto di inserimento a tutele crescenti, quello che permetterà alle imprese di licenziare entro i primi tre anni dall'assunzione, è dimostrato dalle numerose sortite di Renzi. Il primo settembre il premier ha detto che l'articolo 18 «è un tema ideologico», affermando che il governo lo «riscriverà sul modello tedesco». Dove, appunto, non esiste il reintegro. E tre giorni dopo, in una intervista al “Sole24ore”, Renzi ha detto che il superamento dell'articolo 18 «è la direzione di marcia»: «Bisogna compiere scelte coraggiose e innovative, fuori dalla logica dei veti». Si tratta di vedere come reagirà il Pd a questo strappo. Dei sindacati, Cgil in testa, Renzi ha già dimostrato di non tenere conto.