La coppia D'Alema-Bersani alla carica contro il premier

La coppia D'Alema-Bersani alla carica contro il premier
3 Minuti di Lettura
Martedì 30 Settembre 2014, 06:22 - Ultimo aggiornamento: 09:52
I PERSONAGGI
ROMA Quando sale sul palchetto e premette «tuttavia, diciamo....», s'è capito che Lui è tornato. D'Alema is back. Così. «Scusate - dice l'ex premier - il ricorso alla prosa», visto che Matteo visto da Max è uno che fa poesia, spara «affermazioni senza fondamento», confonde la realtà con gli «spot» e con gli «slogan» e s'è lanciato in un'azione di governo «non riflettuta» e «ho l'impressione che questo comincia ad essere percepito, almeno nella parte più qualificata dell'opinione pubblica». E ancora: «Non è obbligatorio sapere i fatti, ma sarebbe fortemente consigliabile studiarli. Devi anche pensare che ancora esistono persone che le cose le sanno, e non puoi pensare solo a quegli altri, Matteo....». Gelido, sferzante, aristocratico. Un D'Alema doc. Tornato Spezzaferro, come lo chiamavano nell'altro secolo. Renzi aveva cominciato dicendo che «questa non è la partita tra i Flintstones e la Thatcher», cioè tra gli antenati o «vecchia guardia» e Matteo il turbo-liberista, e invece il match è stato proprio tra questi contro quello. La rivincita dei Flintstones, il ruggito dei rottamati, la residua forza degli ex che s'abbatte con voce metallica e strozzata (Max) e con tono vibrante-indignato (Bersani) contro il «nuovismo» del giovane avversario, un po' moccioso, un po' D'Annunzio («avventuriero») e un po' Marinetti («Fa il futurista», accusa Bersani). Arrivano i caschi blu? Arriva Enrico Letta, giovane ma antenato, e finisce a botte? Viene travolto anche l'ex dalemiano Orfini, ora presidente Pd, che invano fa l'elogio del centralismo democratico (ossia dell'improbabile ordine) e prova a dire «non dobbiamo essere anarchici» e invece è saltato tutto con tanto di Bersani che si autodefinisce «riformista hard», mentre incolpa Renzi di praticare «il metodo Boffo» impedendo il dissenso e «togliendo dignità» a chi lo pratica?
BOXE

I Flintstones che si erano divisi si ritrovano uniti contro il Moccioso. Il quale nella replica dice che D'Alema «voleva sistemarsi in Europa», ossia gli dà del rosicone, e prima gli aveva rubato il poeta Rainer Maria Rilke (citando «il futuro entra in noi prima che accada», slogan del Pds ai tempi della segreteria di Max) e s'è visto contrattaccato tramite un grande economista. «Stiglitz - gli dice D'Alema - sostiene che la riforma del lavoro non si fa in tempi di crisi. E sarà pure un vecchio da rottamare, ma ha preso il Premio Nobel. Tu invece, Matteo, hai consiglieri che ancora non hanno ricevuto premi». Tutto annunci e «scarsissimi risultati», ecco come i Flintstones vedono il nemico. Loro e lui si dilaniano su totem e tabù, cioè sull'articolo 18, e il portavoce renziano Filippo Sensi - per sdrammatizzare - posta su Twitter la copertina ingiallita del saggio di Freud così intitolato. E' l'edizione 1913, quando la guerra mondiale ancora non era scoppiata, mentre qui la «guerra termo-nucleare» - come la chiama Gentiloni - già c'è. E un kamikaze renziano va in picchiata. E' Giachetti. Legge le parole del D'Alema 1997, quando Max «sosteneva l'abolizione dell'articolo 18» e chiosa: «C'è un D'Alema 1 e un D'Alema 2». Il D'Alema 1-2, in platea, si sta godendo intanto la pioggia di sms sul display in cui gli si dice a proposito di Renzi: «E ora, finiscilooooo!!!!». «Il metodo Boffo lo usate voi contro Matteo», accusa Giachetti. E Bersani grida dalla sua seggiola: «Ma non dire idiozie!». La scissione ancora non c'è ma di fatto già c'è. Scissione nelle parole, nelle immagini, nei toni, nell'appartenenza generazionale. Forse vincerà il Moccioso ma di sicuro le pantere grigio-rosse venderanno cara la pelle.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA