Grillo, la marcia dei 100 deputati sulla casa del leader M5S: «Ora basta»

Grillo, la marcia dei 100 deputati sulla casa del leader M5S: «Ora basta»
di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Novembre 2014, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 08:48
Dovevano suonarle a tutti. E invece sono stati suonati da se stessi. In un caso da manuale di psicopatologia politica e di suicidio non assistito, nel quale i «vaffa» che sparavano contro gli altri adesso se li sparano tra di loro. Con parole come «gogna», «mele marce», «traditori», «falsari», «rinnegati».



La parabola del grillismo, che era cominciata come essenza della politica post-tutto, in questa sua precoce e precipitosa discesa negli inferi dal pianeta 5 Stelle, finisce per scimmiottare nella raffica di epurazioni e di espulsioni - anzi di «esecuzioni sommarie» come quelle rimproverate dai militanti a Grillo - tutte le pratiche e tutte le parole della politica più primitiva in uso nei momenti peggiori del secolo di ferro delle ideologie, cioè il Novecento. E il «vaffa» liberatorio che fine ha fatto? Se lo scagliano addosso tra di loro i grillini e Grillo - pronto a tornare alla sua antica professione di comico: «Guadagnavo di più» - si vuole fare da parte ma intanto divora i propri seguaci a sua volta già divorati dall'inconsistenza personale e politica che si è presa tutta la scena che doveva essere occupata dalla palingenesi morale e parlamentare di cui s'erano fatti portabandiera.



E il venti per cento degli italiani che li avevano votati ora si sente tradito e sta reagendo così: con il due per cento (o poco più) che ha tributato ai 5 Stelle nelle ultime elezioni amministrative. Sarebbe una tragedia - in fondo lo è, anzi è il passato di un'illusione - questa del grillismo senza più nè capo nè coda ma assume un aspetto tristemente comico e crepuscolare osservando la scena di ieri sera. Un centinaio di militanti, dirigenti e parlamentari grillini, guidati da Massimo Artini espulso dal movimento con l'accusa infamante di «intascarsi i soldi dello stipendio da deputato» invece di darli al fondo creato dal gruppo pentastellato, si sono messi in marcia verso la villa al mare del miliardario ridens, a Marina di Bibbona. Non per suonargliele ma per suonare alla porta di Grillo e dirgli: vaffa! La Marcia su Bibbona, ossia verso la medesima località sulla cui spiaggia - ai tempi d'oro del Grillo leader degli oppressi: «Sono il nuovo Garibaldi» - egli scappava mascherato per non essere raggiunto da fotografi e cameramen arrivati da tutto il mondo per immortalare «la speranza della nuova Italia» e accolti dal suo grido: «Tornatevene in India!». Non c'è niente di più vetero-italiano del fallito nuovismo grillino. Ora le sue truppe sparse e senza quid, che dovevano rappresentare l'avanguardia della palingenesi morale e politica anti-casta ma si cui si ricorda più che altro l'occupazione dei tetti di Montecitorio, sono somiglianti a quelle tribù di «ascari» - come Giovanni Giolitti chiamava i peones trasformisti che servivano come schiavi alla sua maggioranza - pronti ad andare in soccorso del governo di Renzi, nel caso il premier abbia bisogno di loro in Senato. Ma non è detto che gli occorrano queste truppe (che un tempo venivano chiamate «mastellate») e che non sia bastato al premier, come gli ha gridato Grillo nel famoso incontro streaming, «rubare tutti i nostri temi». E già allora questo lamento pieno d'ira suonò come un'ammissione di impotenza e di sconfitta da parte del nuovo guru della post-democrazia iper-connessa e ora arrivata al default.



LA PARABOLA

La parabola auto-distruttiva del grillismo ha come simbolo l'«apriscatole» con cui Beppe Superstar voleva «scardinare il Parlamento come si fa con le confezioni di tonno». L'utensile non solo s'è inceppato tra le mani del leader e dei suoi seguaci, ora in gran parte umiliati, offesi e rinnegati, ma quell'arnese lo usano adesso gli uni contro gli altri come oggetto contundente. E neppure i due diarchi, Grillo e Casaleggio, vengono risparmiati in questo sabba dell'auto-cannibalismo. In questo festival dell'odio intestino. In questa discesa negli inferi del pianeta 5 stelle dove neppure i guru conservano più la loro aria sacrale nè rappresentano più l'incarnazione del mito dell'infallibilità. «Ora basta!», gridano gli auto-convocati grillini dell'anti-grillismo davanti alla casa al mare di Grillo. Mentre sul web epurati e epuratori, vittime e agitatori della gogna e della vergogna, allestiscono lo spettacolo della fine, l'involuzione della rivoluzione e di fatto la nemesi per cui la politica dei professionisti finisce per rivelarsi più virtuosa, almeno nei toni e nei comportamenti pubblici, rispetto a quella dei dilettanti allo sbaraglio. E degli eterni replicanti, in salsa nuovista, del partitismo più infruttuoso e più auto-referenziale.