Fecondazione, scontro politico. La Toscana ignora il ministero: «Qui niente stop»

Fecondazione, scontro politico. La Toscana ignora il ministero: «Qui niente stop»
di Mario Stanganelli
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Domenica 10 Agosto 2014, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 11 Agosto, 08:50

​In singolare coincidenza con l’assegnazione ai genitori anagrafici dei due gemellini contesi, il Consiglio dei ministri ha deciso di non decidere sulla fecondazione eterologa nonostante un’inequivocabile sentenza della Consulta. Non è il primo degli inciampi dei governi italiani su questioni eticamente sensibili, e con la scelta di demandare ad un Parlamento alle prese con mille altri problemi la regolamentazione giuridica della faccenda si apre il campo ad attese indefinite e al probabile rinvio alle calende greche di una pratica che numerose sentenze di tribunale, la Corte costituzionale e gran parte della comunità scientifica ritengono assolutamente legittima.

LA DELIBERA

La decisione del Consiglio dei ministri di non dar seguito al decreto del ministro della Salute, Lorenzin, che fissava le norme per l’eterologa, rimettendosi invece a un’iniziativa legislativa parlamentare, collide non soltanto con le attese di molte coppie italiane ma anche con l’iniziativa di alcune Regioni.

La Toscana del governatore Enrico Rossi, per prima, in attesa di una regola nazionale ha deciso di andare avanti approvando una delibera per regolare la fecondazione eterologa nei suoi ospedali. Ed è a questa discrasia che sembra ispirarsi la dichiarazione di Laura Boldrini: «Su alcuni temi etici la società è più avanti della politica e si è organizzata diversamente. Mi auguro - prosegue la presidente della Camera - che la politica sia più matura, altrimenti rimane indietro e i cittadini si organizzano a prescindere. E questo non è positivo per le istituzioni».

Alla Lorenzin, che ha inviato una lettera ai parlamentari per spiegare la scelta del governo di affidare l’iniziativa legislativa in materia alle Camere, risponde la parlamentare del Pd Barbara Pollastrini, assicurando «l’impegno del Parlamento a sostenere la piena attuazione della procreazione assistita e ad assumersi le responsabilità del caso. Con una bussola: la sentenza della Consulta. Per quanto mi riguarda - continua l’ex ministra per le Pari opportunità - quelli sono i binari su cui muoverci. Siano essi linee guida immediate, come evocato dal Giudice delle leggi o, successivamente, norme snelle ispirate a un diritto mite».

PRATICABILITA’ IMMEDIATA

Sulla praticabilità immediata dell’eterologa non ha dubbi Amedeo Santosuosso, magistrato e docente di Diritto, scienza e nuove tecnologie a Pavia: «Non c’è nessun bisogno di aspettare la legge del Parlamento, i centri per la fecondazione assistita possono praticare la fecondazione eterologa. Il diritto costituzionale sancito dalla sentenza della Consulta non può dipendere da un decreto o da una legge, che sono entità inferiori, e non c’è certo bisogno di una legge per rendere applicabile un principio costituzionale. Il ministro Lorenzin - conclude il giurista - deve obbedire alla decisione della Corte costituzionale».

La decisione del governo «di rinunciare ad intervenire per decreto sull’eterologa rimandando tutto al dibattito parlamentare», viene invece lodata dal Movimento per la vita. Il cui presidente Carlo Casini, apprezzata l’accoglienza «delle richieste di prudenza avanzate dal mondo pro-life italiano», mette in guardia dall’eventualità che con i prevedibili tempi lunghi del Parlamento, si venga a «creare una terra di nessuno in cui ognuno può fare ciò che vuole.

Deve restare ben saldo il principio che prima di consentire l’eterologa devono essere definiti confini e modalità. Alta dovrà essere la sorveglianza contro le fughe in avanti dei soliti noti». E quanto a Regioni e strutture ospedaliere pubbliche e private, il presidente del Movimento per la vita afferma che «si dovrà impedire di aggirare lo stand by e di muoversi come se fossero corpi autonomi e indipendenti. E non solo con predicozzi paternalistici ma con l’autorità e i mezzi dello Stato che non abdica al dovere di indicare, per il bene dei cittadini nati e non nati, il confine tra il lecito e l’illecito».

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