Ma l’accordo con gli azzurri scricchiola. Ieri il leader forzista Silvio Berlusconi, ancora infuriato per l’attacco di Raffaele Fitto a Maria Rosaria Rossi, non si è interessato del dossier, se non per sovrintendere telefonicamente alla trattativa di cui si occupano Denis Verdini e Niccolò Ghedini. E sbrogliare la matassa non è cosa semplice.
LA SELEZIONE
Per ora, in campo, è rimasto solamente il nome di Donato Bruno che, di fatto, ha affossato la candidatura di Catricalà. Ma riproporlo, per l’ex Cavaliere, significherebbe premiare gli azzurri che hanno tradito la sua indicazione. Senza avere la certezza di eleggerlo insieme con Violante. «Il problema è anche dei democratici. Scorrendo i tabultati dei voti è parso chiaro che si è mosso il corpaccione trasversale che avversa il patto del Nazareno», spiegava ieri una fonte parlamentare azzurra, certa che «anche il Pd ha fatto mancare i voti a Violante: c’è chi vuole creare problemi a Renzi, come in Forza Italia c’è chi soffre il rapporto di Verdini con il presidente del Consiglio. Anche i nostri candidati al Csm non sono ancora passati».
Lo ha ripetuto anche Maurizio Gasparri: «L'area di maggioranza di governo ha eletto tre membri, anche con i voti di Forza Italia, ma non è accaduto il contrario. O il Pd rispetta le indicazioni di Forza Italia, oppure noi dobbiamo palesemente non votare il candidato Pd alla Corte. Il primo punto di caos è il Pd». Intanto, però, le scelte del Pd sembrerebbero premiare, visto che anche molti togati del Csm avrebbero rilevato il profilo istituzionale e di mediazione di Giovanni Legnini, vicepresidente in pectore. Solamente domani, comunque, si capirà se ci sono o meno le condizioni per eleggere i giudici.Ufficialmente Forza Italia deciderà il proprio candidato in mattinata, durante una riunione dei gruppi parlamentari. E in molti sono convinti che il ticket sarà Bruno-Violante, ma solamente per archiviare entrambi i nomi. A meno che Berlusconi non estragga dal suo cilindro un outsider che sparigli le carte. A patto che si faccia presto visto che, come rilevato la leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, «questo è un caso di scuola tipico di motivazione di scioglimento del Parlamento».
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