Lo strappo di Cuperlo scuote il Pd ma per ora niente scissione

Stefano Fassina
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Martedì 21 Gennaio 2014, 20:45 - Ultimo aggiornamento: 20:46
Dopo Stefano Fassina arrivano le seconde dimissioni a sinistra nel Pd dell'era Renzi in polemica con il neosegretario e la sua gestione del partito. Gianni Cuperlo lascia la presidenza dell'Assemblea Pd con un gesto che fa trasparire anche tutta la difficoltà della sinistra Dem a trovare una propria strada nel rapporto con il nuovo leader.



No alla scissione. Cuperlo assicura: nessuna scissione, «ho fatto un atto d'amore nei confronti del Pd che resta il mio partito e al quale voglio dedicarmi con amore». «Escludo la scissione», dice anche Fassina, «noi vogliamo dare un contributo affinché il Pd sia più forte e faccia meglio». Ma la quasi-scissione interna alla mozione è nei fatti, non nascosta dagli stessi esponenti dell'area, con bersaniani e dalemiani durissimi con Renzi da una parte e Giovani Turchi più dialoganti con il segretario sin dal giorno dopo le primarie dell'8 dicembre.



La legge elettorale. Una divisione che appare chiara anche nel dibattito sulla legge elettorale. Con il bersaniano di ferro Alfredo D'Attorre pronto a presentare emendamenti contro le liste bloccate una volta che la riforma della legge elettorale sarà in discussione e il 'turcò Matteo Orfini che si dice contrario a emendamenti «di corrente» puntualizzando che non voterà proposte di modifica che non siano la linea «uscita dal partito». Insomma la tensione c'è anche all'interno della corrente e sulla riforma del sistema di voto le diverse posizioni sono emerse anche nella riunione fiume di oggi dei deputati di area nella quale Cuperlo ha annunciato le proprie dimissioni. Una scelta che il principale competitor di Renzi alle primarie ha fatto sapere di essere irrevocabile («quando ci si dimette ci si dimette») ma che apre anche i giochi sulla futura presidenza.



Il nuovo presidente. C'è tempo perché il nuovo presidente va votato in Assemblea e, per ora, non ce ne sono in previsione.
Intanto a dirigere i lavori della direzione saranno i vice presidenti come accaduto dopo che a lasciare quel ruolo fu Rosy Bindi. Renzi fa sapere che vorrebbe un presidente che «non fosse espressione dei miei». Se l'offerta fosse rinnovata alla sinistra tra i nomi che circolano ci sono quelli dell'ex segretario Guglielmo Epifani così come quello del ministro per l'Ambiente Andrea Orlando. La scelta di accettare un'offerta o meno di questo tipo - si sottolinea in area bersaniana - dovrà comunque passare da una valutazione di Cuperlo che, a questo punto, torna ad avere le mani libere per gestire la leadership dell'area e fa sapere, parlando della gestione di Renzi del partito di volersi impegnare a fondo nel Pd perchè «dobbiamo correggere questo atteggiamento prima che prevalgano delle degenerazioni».
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