Colosseo chiuso, Franceschini: giornata storica, con decreto siti come scuole e ospedali

Dario Franceschini
di Laura Larcan
4 Minuti di Lettura
Sabato 19 Settembre 2015, 06:28 - Ultimo aggiornamento: 13:18
Ministro Dario Franceschini, ieri l'immagine del Colosseo chiuso per assemblea sindacale ha fatto il giro del mondo, bissando la scena del 24 luglio scorso. Lei in serata rilancia “l'offensiva”, portando al Consiglio dei ministri il decreto per inserire musei e luoghi della cultura tra i servizi essenziali. Ci spiega la portata di questa operazione legislativa?

«È una norma di cui si parla da tempo, non da ultimo è stata sollecitata dall'Autorità garante per gli scioperi. Nella legge 146 sugli scioperi, c'è già il riferimento alla tutela dei beni storico-artistici, ma non prevede l'altro punto chiave, cioè la garanzia dell'apertura del bene. Mettere ora musei e luoghi della cultura sullo stesso piano di scuole, treni, ospedali è un passaggio logico. Al di là degli effetti sulle attività sindacali, oggi per i Beni culturali è una giornata in una qualche misura storica: i musei diventano per legge servizi essenziali. La chiusura, d'altronde, crea solo disagio a cittadini e turisti. Senza contare il danno enorme all'immagine del Paese».

Quindi anche nei musei e nei monumenti le assemblee sindacali dovranno rispettare nuove regole?

«Nessuno vuole togliere il diritto sindacale, nessuno si sogna di toccare i diritti dei lavoratori, ma questi devono essere regolamentati ed esercitati come nei luoghi dei servizi essenziali. Le regole saranno diverse. Si tratta di buon senso e non di attacco. Si possono fare assemblee e scioperi ma in modo da garantire comunque l'apertura del luogo, ed evitando che si creino disagi per il pubblico. È intollerabile che un cittadino non possa entrare in un museo». I sindacati oggi, però, hanno già minacciato che la vertenza sui beni culturali potrebbe portare ad uno sciopero nazionale.

«Col nostro decreto legge si potrà scioperare, ma con le regole previste per i servizi pubblici essenziali. Il decreto entra in vigore da subito, appena pubblicato sulla Gazzetta. Quindi con l'intervento della commissione garante per gli scioperi e con delle regole particolari che eviteranno di chiudere ancora una volta il Colosseo o gli altri musei. Ribadisco: nessuno vuole toccare il diritto dell'assemblea sindacale, solo viene regolamentato come nelle scuole e negli ospedali».

Ma di fronte a una protesta dalle conseguenze mediatiche così eclatanti, cosa pensa della possibilità di ricorrere all'espediente della precettazione del personale?

«Spero che prevalga la ragionevolezza. Quello che ci sarebbe dovuto essere fino ad oggi, senza ricorrere ad una modifica legislativa. Basta vedere le immagini dei turisti sconcertati di fronte ai cancelli chiusi del Colosseo, Foro romano e Palatino. Spero che da ora, con il decreto, prevalga ancora di più il buon senso».

Il suo decreto legge appare ora come il colpo di coda di questa “rivoluzione” dei Beni culturali avviata con la sua riforma. È così che dobbiamo interpretarla?

«Serve precisare un aspetto doveroso. Le proteste dei sindacati hanno il loro fondamento. Che ci siano lavoratori che da mesi aspettano ancora gli straordinari dovuti, è vero. Hanno ragione. Ma come i sindacati del settore dei Beni culturali già sanno, io mi sto impegnando. Non mi pare però questo un motivo sufficiente per tenere i turisti in fila e fare un danno di questo tipo al Paese. Certo, di fronte all'ennesima immagine del Colosseo chiuso, viene il dubbio che ci sia qualche forma di resistenza verso tutti i cambiamenti che stiamo mettendo in atto».

Tra i vari punti all'ordine del giorno dell'assemblea sindacale, c'era il mancato pagamento del salario accessorio per gli straordinari del 2014 e del 2015.

«Come ho detto, sto lavorando perché nella Legge di stabilità ci sia una norma che risani il ritardo di questi pagamenti. Dirò di più: mentre erano in assemblea era in corso un incontro tra i miei tecnici dei Beni culturali e quelli dell'Economia esattamente per risolvere questo problema»

È indubbio che da ministero “di nicchia” i Beni culturali siano diventati un ministero in evoluzione, con ambizioni, almeno sulla carta, da strategia economica per l'Italia. Però, tanti sono i malumori diffusi nel personale, tante le criticità che sembrano permanere.


«I cambiamenti innescano sempre reazioni. Se cresce questa struttura, cresce il valore dei musei, crescono i posti di lavoro, cresce l'indotto del Paese. È una cosa positiva. Naturalmente come tutte le riforme bisogna toccare situazioni acquisite. E queste fanno resistenza. Per esempio, sto lavorando per mettere in regola con trasparenza tutti i servizi aggiuntivi nei musei. Voglio rinnovare i concessionari privati in modo che tutti i servizi nei musei siano efficienti».

Il Soprintendente archeologico di Roma Francesco Prosperetti ha dichiarato che si è tratto solo di un'apertura ritardata, regolarmente annunciata, impossibile da evitare nel rispetto dell'attività sindacale.

«Mi sfugge la differenza tra chiusura e apertura ritardata. Francamente, mi posso concentrare per capirla, ma non la capisco. Detto questo, è vero: sono state rispettate le regole per la convocazione dell'assemblea sindacale, e nessuno contesta questo. Ma siccome il risultato è quello che abbiamo visto, col Colosseo chiuso al pubblico, vogliamo cambiare le regole. Il decreto approvato non toglie nulla al diritto sindacale, ma garantirà il servizio al pubblico».

L'ex soprintendente storico Adriano La Regina ha criticato la chiusura del Colosseo, sottolineando la possibilità di mettere in campo soluzioni alternative.

«Infatti le nuove regole indicate dal decreto si avvicinano a quello che dice La Regina. L'assemblea sindacale si può sempre fare, ma entrano in campo procedure per cui il garante per gli scioperi dovrà discutere con i sindacati le condizioni dell'assemblea».