Camera, i deputati aboliscono il tetto agli stipendi dei commessi

Camera, i deputati aboliscono il tetto agli stipendi dei commessi
di Antonio Calitri
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Mercoledì 5 Agosto 2015, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 09:39
Il taglio degli stipendi dei dipendenti della Camera dei deputati, introdotto lo scorso settembre dall'ufficio di presidenza di Montecitorio in linea con il tetto alle retribuzioni dei dirigenti statali voluto da Matteo Renzi, è stato bocciato dalla commissione giurisdizionale dello stesso palazzo, composta da cinque parlamentari Pd. Con il risultato che i risparmi annunciati per il quadriennio 2015-2018 scenderanno dai 60 ai 13 milioni di euro.

Così, proprio nel giorno nel quale il partito democratico festeggia il voto finale al Senato della riforma della pubblica amministrazione che introduce anche il licenziamento dei dirigenti, alla Camera ieri si è diffusa la notizia della sentenza, notificata alla presidenza di Montecitorio lo scorso 30 luglio, con la quale la commissione giurisdizionale per il personale della Camera ha bocciato i sotto tetti agli stipendi e cancellato di fatto 47 milioni di euro di risparmi.



Nello scorso settembre, l'ufficio di presidenza di Montecitorio adottò il tetto degli stipendi massimi a 240 mila euro che il governo aveva introdotto per i manager statali ad aprile 2014. La presidenza fece ancora di più e oltre al tetto massimo che colpiva i funzionari di alto livello come i consiglieri parlamentari che fino all'anno scorso potevano raggiungere a fine carriera ben 358 mila euro lordi, andò oltre stabilendo dei sotto tetti per le diverse categorie di dipendenti, dai centralinisti agli addetti alla buvette, dai commessi d'aula ai documentaristi in maniera da allargare il risparmio e nello stesso tempo per conservare una certa differenza di retribuzione tra le varie categorie lavorative.



Anche per evitare, come invece adesso potrà accadere, che un documentarista possa raggiungere i 237 mila euro di stipendio, praticamente lo stesso di un consigliere parlamentare che ne percepisce 240 mila. Dopo questa riforma voluta dalla presidenza e in particolare dalla vice presidente Marina Sereni del partito democratico, molti dipendenti, sentendosi danneggiati dalla riforma, hanno fatto ricorso alla commissione giurisdizionale del palazzo, un organo che in questa legislazione è formato soltanto da deputati dem. Il tesoriere Francesco Bonifazi ne è il presidente, Laura Venittelli, vice, Dario Ginefra, Danilo Leva ed Ernesto Carbone membri effettivi. Solo tra i tre supplenti poi, insieme ad altri due del pd Michela Rostan e Maria Gaetana Greco, c'è il forzista Abrignani. A valutare i ricorsi è stato un collegio formato da tre membri, Bonifazi, Ginefra e Fulvio Bonavitacola (ora dimessosi per andare a fare il vicepresidente della regione Campania) che ha dato ragione ai dipendenti e bocciando i sottotetti.



Una decisione quindi da parte di deputati Pd contro una norma voluta dallo stesso Pd e adottata anche grazie alla spinta propulsiva di un vicepresidente Pd. Semplificando, per la sentenza però, che pur ribadisce l'autonomia della Camera, questa non può ispirarsi alla legge statale che prevede solo il tetto dei 240 mila euro e poi adottare anche alti tetti per le diverse categorie.



L'ufficio di presidenza della Camera ha subito presentato appello contro la sentenza che intanto resta sospesa quindi non produrrà effetti fino a sentenza definitiva, in settembre. Se sarà confermata la sentenza, saranno cancellati i sottotetti e il risparmio annuo scenderà dai 15 milioni di euro finora previsti ad appena 3,25 milioni
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