Impresentabili, l'estrema metamorfosi di Rosy Bindi

Rosy Bindi
di Mario Ajello
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Sabato 30 Maggio 2015, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 09:30
Diceva Benedetto Croce: «Le commissioni parlamentari, per funzionare, devono essere composte da un numero di persone pari, che sia inferiore a due». Ovvero: zero. Dunque, il filosofo napoletano riteneva inutili le commissioni parlamentari.



E chissà che cosa avrebbe pensato di questa, la Commissione Anti-mafia, e della sua presidente Rosy Bindi, abituata a mescolare morale e politica come al filoso napoletano proprio non piaceva in linea di principio. Ora c'è tutto il Pd che le grida contro - «Vuole il medioevo!» - e lei fin dall'inizio di questa vicenda si è accampata nella ridotta di Palazzo San Macuto per sparare contro il resto del mondo, anzi soprattutto contro il suo partito. E ha quel sorriso che dice tutto: mi credevate politicamente morta, rottamata dalla rottamazione? Ma io sono Rosy la Pasionaria e vi faccio vedere i sorci verdi.



Addirittura, in Antimafia si racconta che dell'inserimento di De Luca nella black list sapesse soltanto lei (ma lei nega) e abbia agito come un panzer solitario e determinatissimo. Come quando alla fine della storia Dc, Rosy era la più pasdaran dell'auto-rottamazione della classe dirigente che l'aveva allevata. «Ma chi è, Torquemada?», la attacca De Luca.



CLEMENTE

Mentre Clemente Mastella, colpito negli affetti e nel talamo, grida: «Si dimetta da presidente Anti-mafia. Questa teologa della moralità combatteva nella Dc il limite di tre mandati parlamentari e poi ne ha fatti più del triplo». Uno dei commissari dem in Antimafia, Stefano Esposito, nel pieno della bufera racconta: «Sto a casa con la bronchite, ma se fossi stato in commissione, in queste ore del varo della black list degli impresentabili, avrei rovesciato il tavolo».



Addosso alla Rosy? «Quando la gestione dell'anti-mafia diventa politica e non più istituzionale, questa commissione viene svilita e ridicolizzata». E ancora: «In questa occasione, la Bindi ha trasformato un organo democratico in un tribunale dell'inquisizione che applica la lettera scarlatta sul petto di persone che vengono esposte al pubblico ludibrio». Di sicuro, una black list di impresentabili non è mai stata fatta prima d'ora dalla commissione. Siamo a un esordio, voluto da Rosy e tenacemente perseguito da lei. Che amava Dossetti e ora è diventata l'eroina di Brunetta, la Giovanna d'Arco dei grillini che festeggiano il ciclone anti-garantista e gridano «Rosy Forever» e la super-compagna di Claudio Fava, scissionista di Sel, che da vice-presidente Anti-mafia a ogni escalation di Rosy ha urlato: «Più uno!».



GALILEO

Lo studio (non grande) di Rosy la Pasionaria è al quinto piano di Palazzo San Macuto, in via del Seminario. Tre piani più sotto, si svolse il processo a Galileo Galilei. La grande storia, tragica, s'è fermata allora in questo luogo. Adesso, qui dentro c'è una «tosta rompiscatole», così la definivano gli antichi amici Dc, e aggiungevano i colleghi quando lei era ministro della Sanità: «Questa ci farà perdere un sacco di voti».



De Luca non è d'accordo: «E' talmente goffa la sua manovra, che la Bindi mi farà guadagnare duecentomila voti». Che poi se li meriti, è un altro discorso. Ma che glieli procuri il Ciclone Rosy è eterogenesi dei fini. O un caso di oscurantismo avanzato al medioevo e piombato inavvertitamente su di noi.