Auto blu, la beffa dei tagli rinviati: nei ministeri ancora mille di troppo

Auto blu, la beffa dei tagli rinviati: nei ministeri ancora mille di troppo
di Diodato Pirone
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Venerdì 19 Dicembre 2014, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 00:07
ROMA - Ma non le avevano già tagliate le auto blu? Non ci avevano detto la scorsa primavera che dovevano essere al massimo cinque per ogni ministero?

E invece vuoi per l’annuncite - male cronico dei governi - vuoi per i classici ritardi dei meandri della burocrazia, a fine 2014 si ”scopre” che le cose non stanno proprio così. Già, come stanno le cose sul fronte delle auto blu? Secondo quanto risulta al Messaggero quelle dei ministeri in questo momento (quindi a oltre sei mesi dal decreto che avrebbe dovuto asfaltarle) restano ben 1.163. E quante dovrebbero essere? 93. Ecco quantificata la differenza fra gli annunci e la realtà. Anche se va detto che negli ultimi mesi le odiate vetture ministeriali sono diminuite di 65 unità. Campa cavallo, insomma.



Eppure al ministero della Funzione Pubblica, titolare politico di questa battaglia anti-spreco e di moralizzazione per la politica e l’alta burocrazia, smentiscono che sia in atto un gigantesco bluff. «A parte che le auto blu diminuiscono da anni - è la tesi dello staff del ministro Marianna Madia - Adesso nessuna amministrazione può tirarsi indietro e già entro due mesi vedremo i primi risultati di rilievo destinati a diventare ancora più rilevanti nel corso del 2015».



IL LANCIAFIAMME

L’ottimismo del ministero (che ha già rinunciato alla sua quota di auto blu fin dalla primavera) si spiega con l’arrivo sulla scena di quella che qualcuno chiama il ”lanciafiamme”. Si tratta della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un ”banale” Dpcm (Decreto della Presidenza del consiglio dei ministri) che a oltre sei mesi dal decreto anti-auto blu ha messo nero su bianco tutte le regole destinate a disciplinare, in tutti i ministeri (ma anche nelle amministrazioni locali), il processo di quasi estinzione dell’odiato simbolo del privilegio.



Materializzare questo Dpcm si è tradotto nella classica scalata della montagna di tempo e di pazienza sulla quale siede la burocrazia italiana. Dapprima il Tesoro ha dovuto esaminare il decreto attuativo per verificare che tutto fosse in ordine, che i tagli fossero proporzionali al numero degli alti papaveri presenti nelle piante organiche dei vari ministeri e che non ci fossero scappatoie di sorta. Poi il dossier si è trasferito sulle scrivanie della Corte dei Conti che ci ha messo un mese per porre una serie di domande di chiarimento e un altro mese per recepire i chiarimenti. E così, mentre nel decreto originario c’era scritto che le amministrazioni avrebbero dovuto avviare i tagli delle auto blu «a partire dal novantesimo giorno dalla sua approvazione e senza aspettare i decreti attuativi», gran parte dei ministeri ha preferito attendere che tutti i timbri fossero al loro posto prima di mettersi in moto.



A dirla tutta il ritmo da rallenty dell’agonia delle auto blu è dovuto anche alla complessità della realtà. Gran parte della auto blu ministeriali, infatti, non possono essere vendute semplicemente perché sono affittate con contratti in leasing che se dovessero essere interrotti prima della scadenza farebbero scattare forti penali. Che si mangerebbero i risparmi. Risparmi che, quando le auto blu saranno davvero 5 per ogni ministero, ammonteranno a 43 milioni di euro. Attenzione, però, una parte di questi soldi saranno a loro volta spostati su un’altra voce d’uscita: quella dei taxi.
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