Il filmato, girato in Siria nella regione dell’est Goutha, non lontano da Damasco, mostra i soldati catturati costretti a inginocchiarsi mentre il comandante dei ribelli annuncia le uccisioni: «Allah non ha creato una malattia senza darci un rimedio. La più grave calamità per la nostra jihad è che ci sia un gruppo di persone capace di accrescere le divisioni tra i musulmani. Essi hanno sconvolto il nostro popolo. Hanno lasciato Teheran intatta e hanno attaccato le nostre moschee. Questa è la pena per ciò che hanno commesso. Invitiamo inoltre i loro compagni al pentimento». Nel caso specifico, i guerriglieri di Jaysh sostengono che i giustiziati sono stati direttamente coinvolti nella decapitazione di tre ribelli. Ai jihadisti, prima di morire, viene dato qualcosa da bere: poi, dopo la lettura dell’elenco delle vittime, si passa all'esecuzione con uno sparo alla testa.
Jaysh al-Islam, un movimento creato nel 2011, si autodefinisce “Esercito dell'Islam”. Al comando c'è Sheikh Zahran Aloush che guida circa 25.000 combattenti, riuniti in seguito alla fusione di circa 60 fazioni ribelli all'interno della Siria: tra queste anche la qaedista al Nusra protagonista di un’ampia offensiva. È una guerra dentro la guerra in cui lo Stato Islamico è costantemente impegnato a fronteggiare le fazioni ribelli per ottenere la supremazia sul territorio.