A questo punto la pratica viene considerata chiusa e sembra, al momento, che la Francia «non presenterà un altro ambasciatore fino al 2017».
IL BRACCIO DI FERRO
Appare come ormai definitivo, quindi, l'esito di un lungo braccio di ferro che ha significato anche uno stallo diplomatico tra il Vaticano e la «prediletta» nazione francese. L'ostinato silenzio, per mesi, del Vaticano sul gradimento a Stefanini era già apparso come un rifiuto. Ma nella visita a Parigi di inizio giugno del segretario di Stato Pietro Parolin al presidente Francois Hollande e al premier Manuel Valls, il primo collaboratore di papa Francesco, che pure aveva parlato di «dialogo aperto» sulla vicenda, aveva anche comunicato alle più alte autorità transalpine che il Vaticano non avrebbe accreditato l'ambasciatore designato. Le due parti sono rimaste insomma ferme sulle rispettive posizioni: da una parte la Santa Sede che non dava il suo agreement a Stefanini, non tanto per la sua omosessualità quanto per l'idea che si volesse imporre una candidatura senza tenere conto del gradimento vaticano (con sullo sfondo comunque l'opposizione della Chiesa al «matrimonio per tutti», quindi anche per i gay, approvato dal governo d'Oltralpe); dall'altra la Francia di Hollande che non recedeva di un millimetro confermando la propria fiducia a Stefanini, «miglior candidato possibile», e smentiva le voci sulla ricerca di un altro nome. E che ora, non potendo portare a compimento la propria scelta, per non dichiarare apertamente la propria «sconfitta» preferisce non nominare - almeno fino al 2017 - un altro ambasciatore, lasciando le relazioni diplomatiche con la Santa Sede a un livello meno elevato.