Tensione Usa-Ue sulle spese militari. Renzi: «Ci frena il patto di stabilità»

Tensione Usa-Ue sulle spese militari. Renzi: «Ci frena il patto di stabilità»
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Sabato 6 Settembre 2014, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 08:04
dal nostro inviato

Marco Conti

NEWPORT - Se la scelta tra burro o cannoni, Matteo Renzi non ha dubbi e lo ha confermato ieri in Galles nella giornata conclusiva del vertice della Nato.

Quando Obama ha chiesto agli alleati di riportare in dieci anni al 2% del pil la spesa per la difesa, il presidente del Consiglio ha guardato la Cancelliera tedesca. Il perché lo ha spiegato lo stesso Renzi in conferenza stampa: «Se l'Europa considera la spesa per la difesa strategica allora andrebbe tolta dal Patto di stabilità». «Mi devono aver preso per un simpatico provocatore» ha poi ammesso lo stesso Renzi che già a marzo, a Roma, si era sentito fare da Obama la stessa richiesta. Ieri invece a Cardiff se l'è cavata sostenendo, «in un discorso che non so quanto sia stato apprezzato» che «la migliore risorsa di cui ha bisogno la Nato è la politica» e che l'Alleanza deve «aumentare la sua velocità di pensiero oltre che di azione» visto che è spuntato un califfato che nessuno aveva previsto.



I COSTI PER LA DIFESA

Toni da Rottamatore, forse. È però certo che l'Italia con lo 0,8% di spesa sul pil è fanalino di coda. Andrebbe anche peggio se dalla spesa militare venisse scomputata l'Arma dei Carabinieri - che ha anche compiti di pubblica sicurezza - o i costi dello stabilimento balneare di Milano Marittima. In attesa del libro bianco sulle spese militari promesso per fine anno dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, ieri Renzi è tornato a sollecitare «una politica comune» per la difesa che metta fine a doppioni e inefficienze.



LE MOSSE DI PUTIN

Tra sanzioni alla Russia e richieste di risorse per nuovi armamenti, il debutto di Renzi sulla scena internazionale non è stato dei più facili e non solo per il duplice ruolo di presidente del Consiglio e presidente dell'Unione. «Ora la partita è nelle mani di Putin» ha sostenuto il premier alla fine del summit, augurandosi che l'amico dell'altro contraente il Patto del Nazareno metta la testa a posto, sloggi dall'Ucraina avendo chiaro che oltre Italia, Germania e Francia non possono andare nel tentativo di tenere a freno gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e un pacchetto di paesi dell'Est Europa che hanno ancora vivido il ricordo di Baffone e dei suoi successori. D'altra parte «la strategia frizione, acceleratore», illustrata da Renzi e attuata ieri dall'Europa, rischia di bruciare la frizione dei rapporti transatlantici e di mettere ancor più in crisi un'amministrazione americana che di recente ha ammesso di non avere strategia. La sensazione che Putin tragga vantaggio dai distinguo, oltre che dai tubi del gas che ha sparso nel Vecchio Continente, è fortissima, ma l'Europa ha una lady Pesc -Federica Mogherini - che a Obama dice «yes i can», non una politica estera comune.



Renzi ne è consapevole e incrocia le dita. Spera che «prevalga la saggezza» e nega che l'Italia si sia messa di traverso sul secondo pacchetto di sanzioni contro Mosca anche se spera che prima che entrino in vigore (72 ore) l'Orso russo abbia tempo per ragionare, firmare il cessate il fuoco e ritirarsi. E così, con un piede sulla frizione e uno sull'acceleratore, l'Italia si schiera per combattere i tagliatori di teste dell'Isis («faremo parte della coalizione con gli Usa» afferma Renzi), ma spera che la crisi tra Kiev e Putin rientri quanto prima, che Putin ritiri le sue truppe in Ucraina e i suoi paracadutisti che, sempre a detta di Mosca, vanno a combattere in Ucraina mettendosi in ferie, e che Poroshenko lavori per l'unitá nazionale senza cercare vendette. In gioco c'è un danno potenziale sul pil di dieci miliardi di euro.
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