Venti di guerra/L’Ucraina non diventi un nuovo Kosovo

di Sergio Canciani
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Venerdì 6 Febbraio 2015, 21:53 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 00:03
Sfogliando vecchi almanacchi e vecchi atlanti ci si accorge che perdendo l’Ucraina l’Occidente perderebbe molto di più di una terra di antica nobiltà, potenzialmente ancora molto ricca di risorse alimentari e industriali. Perderebbe il “limes” che nei secoli, e con la spada, difendeva il cristianesimo dalle varie forme dell’espansionismo asiatico, dalle incursioni mongole ai califfati islamici. In russo il nome “Ukrajina” allude infatti alla frontiera, alla marca di guerra, presidio dell’ ultima crociata. Di qua le bandiere di Cristo Re, di là - sconosciuto e minaccioso - il deserto dei tartari. Dopo la caduta di Costantinopoli, e nonostante gli scismi, Mosca era considerata “la terza Roma”. Antemurale Christianitatis, che con il cinico pragmatismo che lo distingue, Vladimir Putin ha spesso evocato quando aveva bisogno delle benedizioni patriarcali nelle sue brutali campagne contro gli estremismi islamisti nel Caucaso. Mentre diplomatici e generali discettavano su tregue ambigue o blitz potenzialmente destabilizzanti per tutti, il solo papa Francesco ha colto la tragica profondità del conflitto ucraino: com’è possibile, nel nostro tempo e nel cuore dilaniato della vecchia Europa, una guerra tra cristiani? Com’è possibile infliggere morte e distruzione sotto i simboli dello stesso Dio? L’Ucraina è un corpo dilaniato, avvelenato dalla sua stessa storia e conteso tra i nuovi padroni dell’Ovest e i rabbiosi restauratori dell’Est.



Ognuno con il suo carico di rancori e di vendette. Se i polacchi e i baltici sognano di allargare la Nato fino alle porte di Mosca, Putin enfatizza la sua visione imperiale di “Nuova Russia”, allargando il suo spazio vitale e capace di misurarsi con Europa ed America senza subire umiliazioni. Insieme a quella cinese la diplomazia russa è tra le più acute e dure, e di conseguenza, tra le più bugiarde.



La tedesca Merkel e il francese Hollande, nelle dovute maniere, forse avranno l’impressione che Putin non intende spingere fino al limite della rottura: non è tanto stupido da rischiare miliardi di incassi per piantare la bandiera della sovranità russa sui territori orientali dell’ Ucraina, popolati da signori della guerra inaffidabili e rapaci. Meglio non esagerare e lasciare che si consumi un conflitto banditesco, secondo lo schema sperimentato nei Balcani: soldatesche in uniformi senza simboli di riconoscimento, popolazione civile senza alcuna protezione, macchine della propaganda che macinano a pieno vapore polverizzando ciò che per i russi ha sempre avuto scarso valore, cioè la verità.



Appellarsi alla libera volontà del popolo è un inganno buono per tutte le stagioni e per qualsiasi commedia. America ed Europa negano alla forte minoranza russa dell’Ucraina di ricongiungersi alla madrepatria? Perché a loro viene negato il diritto - risponde Mosca - che era invece stato concesso agli albanesi del Kosovo, compresa l’ invenzione americana di un esercito di liberazione creato nel corso di una notte? La tripartizione della Bosnia-Erzegovina è una baracca che potrebbe crollare al minimo soffio di vento e il Kosovo “libero e sovrano” si regge sul ricatto e la corruzione.



Sarebbe questo il futuro dell’ Ucraina, circondata a occidente dai nuovi arsenali della Nato e ad oriente da quelli vecchi, ma letali, del comandante Putin? L’Ucraina ha bisogno di pace e di sviluppo; la Russia ha diritto di non sentirsi assediata da vicini ostili.
Senza dimenticare “l’ antemurale christianitatis” di fronte allo spaventevole deserto dei tartari che oggi non è più vuoto e si chiama Grande Califfato.