Ucraina, Merkel: la “vittoria” di Putin
frenata dalla museruola delle sanzioni

Ucraina, Merkel: la “vittoria” di Putin frenata dalla museruola delle sanzioni
di Luca Lippera
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Sabato 6 Settembre 2014, 17:22 - Ultimo aggiornamento: 21:51
Putin in Ucraina vincitore sul campo ma le sanzioni contro la Russia e contro le sue elite economiche lo indurranno a fermarsi. Che ci creda o meno e qualunque sia il messaggio che vuole lanciare, la canceliera tedesca, Angela Merkel, avrebbe fatto nei giorni scorsi un ragionamento tremendamente pragmatico con alcuni analisti economici e militari tedeschi durante il vertice della Nato in Galles. Certe cose - chiaramente - non si dicono se non ci si aspetta che qualcuno le riferisca e ora sono in tanti a chiedersi perch la Germania faccia sapere cosa pensa, quali prospettive si aprano per Kiev e - soprattutto - se sia vero che lo “Zar” Vladimir abbia portato a casa la partita militare e geo-politica a est del fiume Dnipro.

L'Ucraina, secondo gli analisti, è nella morsa della Russia e non ha alcuna possibilità di allentarla. La Nato, pur facendo la voce grossa, non ha avuto mai alcuna intenzione di inviare le truppe a Kiev, perché questo avrebbe comportato una guerra aperta - una guerra potenzialmente nucleare - con Mosca. La Merkel, parlando con i suoi, avrebbe fotografato in modo impietoso la situazione sul terreno.



A est i ribelli separatisti filorussi controllano le aree da Donetsk a Lugansk. A sud i russi si sono presi la Crimea e a ovest - un fatto dimenticato ma decisivo - le truppe del Cremlino presidiano la Transnistria al confine della Moldova tenendo un occhio sulla Romania. Est, sud, ovest: Kiev potrebbe essere schiacciata da tre diverse direttrici e niente - sicuramente non la realpolitik della diplomazia - potrebbe salvarla dalla capitolazione militare.



Ma l'Europa e gli Stati Uniti sono convinti che le sanzioni possano arginare Mosca. Quelle europee, secondo l'ultima versione, ricordata dalla Merkel nella conversazione con gli analisti, vieterebbero alle compagnie petrolifere russe controllate dalla Stato di attingere capitali nel vecchio continente.



I provvedimenti dovrebbero colpire, in teoria, la Rosneft, la maggiore società petrolifera russa, la Gazprom Neft (una cugina della Gazprom che opera nel settore del greggio) e la Transneft, il gigante mondiale nella costruzione degli oleodotti. Sono in gioco migliaia di miliardi di euro e di dollari e la cancelliera tedesca lo avrebbe ricordato senza giri di parole: «Il 90 per cento dei russi sta con Putin perché il nazionalismo ha fatto proseliti - avrebbe ragionato - Ma l'elite dei ricchi, il 10 per cento della popolazione, è esasperata, perché sta perdendo montagne di soldi e libertà di azione».



«Le sanzioni - è il ragionamento tedesco - servono a colpire questo gruppo, affinché faccia pressioni su Putin inducendolo a fermarsi in nome dell'interesse economico del Paese». Ma la Germania, è bene ricordarlo, è il Paese europeo con il più alto interscambio commerciale con Mosca (l'Italia è anch'essa ai primi posti) e le parole della cancelliera sono sembrate un messaggio in codice alla sponda opposta dell'Atlantico e all'amministrazione Obama: la realtà è quella che è e non si può andare oltre un certo limite.



Il fatto è che la Russia dello “Zar”” Vladimir, lo sterminato Paese che inonda di gas e di petrolio tutta l'Europa, ha ritenuto fin dall'inizio che sulla scacchiera dell'Ucraina si giocasse una partita potenzialmente mortale. Gli analisti del Cremlino e dell'ex Kgb sono convinti che gli Stati Uniti e «altre capitali europee» abbiano agito pesantemente dietro le quinte delle rivolte che si sono succedute negli anni a Kiev. Prima il movimento degli “arancioni”, poi l'ascesa, la caduta e il ritorno della bella Timoshenko, da ultimo i disordini di piazza Maidan e la caduta del presidente filorusso Yanukovich con gli estremisti di destra di Pravi Sektor in prima linea.



Quella che viene spacciata come una battaglia per la libertà, secondo il punto di vista degli uomini vicini a Putin - lo “Zar” ovviamente condivide - è in realtà una gigantesca guerra economica combattuta sotto mentite spoglie. Gli Usa, mettendo i bastoni tra le ruote al metano russo che arriva in Europa passando dall'Ucraina, vorrebbero spalancare la strada allo shale gas. Washington lo sta estraendo senza sosta con la contestatissima tecnica del fracking (la rottura degli strati profondi della crosta terrestre) e quel gas, in un futuro non troppo lontano, potrebbe inondare la Ue nel tentativo di sostituire quello di Mosca.
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