Caos in Ucraina, ultimatum di Europa e Usa: «Mosca si fermi o reagiremo»

Caos in Ucraina, ultimatum di Europa e Usa: «Mosca si fermi o reagiremo»
di Marco Ventura
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Venerdì 7 Marzo 2014, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 10:28
Freno e acceleratore. Circo e negoziato. Show della diplomazia tra Roma e Bruxelles su una crisi rovente, l’Ucraina, e un’altra calda, che ristagna in Libia. Due crisi “europee”. In sintonia col presidente americano Obama che parla dalla Casa Bianca, il Consiglio europeo da Bruxelles respinge come «illegale» il referendum sull’indipendenza e l’adesione alla Russia indetto dal Parlamento della Crimea per il 16 marzo. «La Crimea deve restare Ucraina», ribadisce il premier ucraino Arseni Iatseniuk. La UE chiede a Mosca di «ritirare in pochi giorni le forze armate e cominciare a negoziare col governo ucraino». Per Obama, da Washington, «qualsiasi discussione sul futuro dell’Ucraina deve includere il legittimo governo di Kiev» e il referendum del 16 marzo «violerebbe la Costituzione ucraina e il diritto internazionale». In caso di sordità di Putin, stando al presidente Ue Van Rompuy saranno decise sanzioni progressive, dal divieto di viaggio al congelamento di beni dei responsabili dell’azione armata in Crimea, alla cancellazione del vertice Ue-Russia (in parallelo gli Usa minacciano di disertare il G8 e forse espellerne Mosca), a misure economiche importanti e in generale «conseguenze gravi» sui rapporti euro-russi. Sembra dunque prevalere una linea più dura di quella preventivata alla vigilia, mentre la Nato continua a tener aperta l’opzione militare «che resta in campo».



TRA BRUXELLES E LA FARNESINA

La svolta in una riunione preliminare a cinque che segna anche l’esordio europeo di Matteo Renzi con gli omologhi francese, britannico, tedesco e polacco. Sintetizza il premier: «Abbiamo fatto un lavoro significativo per accogliere il grido di dolore del popolo ucraino». E indica un “filo diretto” Bruxelles-Roma, tra il Consiglio europeo e la contemporanea Conferenza alla Farnesina sulla Libia, con oltre 40 tra ministri degli Esteri e vertici di organizzazioni internazionali. Kiev chiama Tripoli. L’incontro decisivo si svolge a Roma tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato John Kerry (la sera a cena con Renzi e il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore americano). Netto Lavrov: «Nessun accordo». Diplomatico Kerry: «Ci terremo in contatto per vedere se c’è spazio per sederci al tavolo delle trattative». Intanto Obama dispone ulteriori restrizioni ai visti per russi e ucraini coinvolti nelle operazioni in Crimea. E Lavrov, di rimbalzo: «È una minaccia». Poi, in serata, Obama e Putin hanno parlato per circa un’ora al telefono. «La crisi non deve danneggiare le nostre relazioni» è stato il senso di una nota diffusa dal Cremlino.



NO ALL’ANNESSIONE

Per il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, «se passa il principio dell’annessione non ci sarà più pace». Ma se la Ue incrementa la pressione su Mosca, Angela Merkel guida il fronte della cautela. Il presidente Ue, Van Rompuy, annuncia che l’Unione è pronta a firmare l’associazione alla Ue dell’Ucraina prima delle elezioni previste per il 25 maggio (d’accordo a Bruxelles il premier ucraino) e promette 11 miliardi di euro a Kiev. Ma la Merkel dissente da un sostegno eccessivo dell’Europa, controproducente per la stessa Ucraina che subirebbe le ritorsioni russe, e insiste per formare un «gruppo di contatto» (definito a Roma tra i capi-diplomazia) nel quale gli europei possano dialogare con Mosca. «Vogliamo evitare gli effetti negativi sulle esportazioni ucraine verso la Russia», dice la Merkel, perciò «dobbiamo esser prudenti su questo punto». Sullo sfondo, gli stretti legami economici e le dipendenze europee dal gas russo.



LA VICENDA LIBIA

Problemi di approvvigionamento energetico per l’Italia vengono esclusi per oggi e «nel lungo periodo» dal ministro Mogherini, che si riferisce non solo alla crisi ucraina ma anche a quella libica al centro della Conferenza di Roma. Scoramento e scetticismo i sentimenti che prevalgono nella comunità internazionale per l’instabilità e l’insicurezza che dominano in Libia. «Non possiamo permetterci di fallire, la Libia non è sola», dice la Mogherini. Ma avverte: «O c’è una scossa da parte libica nella capacità di implementare i progetti concreti, oppure la situazione peggiora». E tutta la Libia tornerà in mano, come al sud, a bande, clan, tribù, estremisti. Milizie armate e niente pace.

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