Nino Cirillo
KAROUAN (Tunisia)
NEL TUNNEL Eh già, la stanno sorvegliando ventiquattro ore su ventiquattro questa
Una specie di sogno a occhi aperti in questa giornata d’estate, se a ogni passo non ci fosse qualcuno a ricordare che è una roccaforte salafita, con la sua università il vero avamposto della jihad in Tunisia. Il problema se l’è posto per primo il tassista, che con l’auto gialla non ha voluto viaggiare fino a qui. Un’anonima Peugeot bianca, trovata alla periferia di Sousse, si sarebbe dimostrata molto più adatta e soprattutto più discreta. Sessanta chilometri dal mare, una fettuccia d’asfalto verso l’interno, verso l’odiato confine con l’Algeria, sulle tracce di Rezgui e della sua follia.
L’IMAM
Ma non è un modo per tirarsi indietro: «L’avranno agganciato quelli della Jihad, sarà stato usato ecco, questo io credo. Proprio lui, un ragazzo che studiava la danza...». Siamo qui, caro imam, perché Karouan oggi sembra la città più pericolosa del mondo. «Non è pericolosa questa città. È vero piuttosto che uno, due anni fa si son presentati tutti qui, tutti predicatori improvvisati, tutti arrivati dalla Libia, e nessuno li ha fermati. Lo ricordo ancora, cominciarono a sventolare un sacco di bandiere nere». Voi e la Jihad, dov’è il confine?
«Essere salafita è corretto dal punto di vista religioso, ma il loro è un altro livello, inaccettabile». Ma le sue moschee, quante ne sono state chiuse e quante ne verrano chiuse? Non vacilla l’imam, si aggrappa al suo improvvisato traduttore: «Negli ultimi sei-sette mesi qui a Karouan ne sono state chiuse cinquanta. Tutte quelle che non andavano nella direzione del governo. Adesso non so che cosa potrà ancora accadere».
Alza il velo, proprio lui, su una mezza bugia: il piano annunciato dal governo tunisino dopo la strage di Sousse, tre giorni fa, in realtà sta andando avanti da tempo. Le 80 moschee da chiudere «entro una settimana» sembrano solo l’ultima tranche, l’ultimo spezzone di irriducibili da mettere con le spalle al muro. Le parole dell’imam rimandano anche a un’altra considerazione, e questa riguarda strettamente proprio Rezgui, il breakdancer, lo studente universitario arrivato da Siliana - sta lontana da qui, altri sessanta chilometri verso il Nord e l’interno - che decise di farsi informatico e di inseguire il suo sogno bastardo proprio fra i vicoli di Karouan, nell’appartamentino appena passato al setaccio dalla poliozia. Più una «ricerca di identità», dicono oggi i sociologi, che un «moto di rabbia sociale».
I LUCCHETTI AI GARAGE
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