Oltre la Siria, il Mediterraneo torna a far gola alla Russia

di Ennio Di Nolfo
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Mercoledì 30 Settembre 2015, 22:05 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 00:23
Perché solo i francesi avrebbero dovuto bombardare, per “legittima difesa” le posizioni dell’Isis? Dato che Hollande ha deciso che la difesa francese può usare mezzi e argomenti così discutibili, la notizia dell’eguale iniziative russa richiede di capire se anch’essa è stata condotta «per legittima difesa» o per altri motivi. Se si riflette, in termini superficiali, su ciò che è accaduto, si pongono tre domande: è stata un’azione legittima, efficace e utile? Sempre in termini superficiali la risposta alla prima domanda è affermativa.

La legittimità russa è assai più fondata di quella francese, poiché Putin ha preso l’iniziativa «in base a una richiesta del governo legittimo siriano». Cioè del governo di Assad, che i russi continuano a considerare legittimo. Ma questo aspetto è oscurato da altre considerazioni, relative al contesto e al modo secondo il quale il bombardamento è avvenuto. Dopo il gelido incontro con Obama a New York si dovrebbe dire che l’iniziativa russa è una sfida aperta alla credibilità della politica mediorientale Usa. E questo proprio nello steso momento in cui viene resa pubblica la notizia per cui la coalizione anti-Isis comprenderebbe ora ben 60 Paesi.



Occorre dunque riflettere meglio sulle effettive intenzioni del leader russo. Davvero Putin ha interesse a scalzare gli Stati Uniti da un’area dove, nonostante tutto, questi hanno ancora una vasta egemonia? La riflessione diviene ancora più articolata dopo la diffusione da parte della stampa americana della notizia per cui il segretario di Stato, John Kerry, avrebbe avviato un serrato dialogo con la controparte russa per definire lo spazio entro il quale è raggiungibile un compromesso, che renda possibile una lotta contro l’Isis e, al tempo stesso, non provochi l’immediata estromissione di Assad dal potere. La questione che domina le scelte diplomatiche e spiega quelle militari è tutta riassunta in questo dilemma: nella difficile scelta della scala di priorità degli Stati Uniti: se sia più urgente togliere di mezzo Assad (che è invero un crudele dittatore) o sconfiggere l’Isis. Una risposta precisa a questo interrogativo verrà data solo da ciò che accadrà nei prossimi giorni. Per ora tuttavia bisogna dire che, a dispetto della divaricazione diplomatica, Putin voluto preavvertire gli americani di ciò che stava per autorizzare. Aveva promesso di non usare forze di terra ma aveva minacciato di far uso di ogni altro armamento per combattere l’estremismo islamico. In tale contesto, la volontà di appoggiare l’alleato di sempre diventava una delle parte (non l’unica) del negoziato in corso. Ma è ovvio, verrebbe da pensare, che se dopo il preannuncio russo gli Stati Uniti avessero davvero voluto fermare il bombardamento, sarebbero andati ben oltre le veementi (ma vacue) proteste. Il nodo siriano è così intricato che l’intervento della Russia, cioè dell’unico soggetto che, per ragioni storiche e geopolitiche, si trova in grado di scioglierlo, per quanto discutibile, può trasformarsi in una spinta verso il chiarimento. Sono pur fondate le considerazioni che vogliono Putin animato dalla volontà di mettere a tacere le reazioni occidentali rispetto alla crisi con l’Ucraina e all’occupazione arbitraria della Crimea. Lo sono altrettanto quelle che mettono in evidenza la volontà di Putin di enfatizzare l’orgoglio nazionalista per far dimenticare ai russi che la crisi economica ha portato in generale al dimezzamento dei salari dei lavoratori. Ma lo spazio lasciato dalla cautela americana o dalle velleità del tardo imperialismo francese nell’opporsi a un nemico così dilagante, come l’Isis, proponeva un’occasione troppo favorevole per non essere sfruttata. Obama ha assunto come massima della sua azione internazionale la formula “leading from behind”, cioè dominare restando in retrovia. Accade ora che chi ha una tradizione imperialistica ispirata dall’eredità sovietica si lasci guidare dalle retrovie ma in definitiva faccia ciò che crede conveniente per sé e per la capacità di ritornare ad avere più voce in capitolo in un’area strategica per la Russia, come il Mediterraneo; un’area che invece per gli Usa non ha più l’interesse dominate degli scorsi decenni.