Sinagoghe, allerta dell'intelligence: «Pericolo attentati anche in Italia»

Sinagoghe, allerta dell'intelligence: «Pericolo attentati anche in Italia»
di Antonio Manzo
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Mercoledì 23 Luglio 2014, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 20:02
Sinagoghe e aeroporti, ma anche grandi vie di comunicazioni. La segnalazione che i servizi di sicurezza italiani, nelle ultime ore, hanno passato agli investigatori antiterrorismo riguarderebbe il rafforzamento delle misure di sicurezza tutt'intorno ad una Sinagoga di una grande città italiana e nei principali scali aerei italiani. «Potrebbe profilarsi una potenziale ripresa degli attentati, secondo lo schema Lockerbie (1988, bomba ad Heatrow)» dice un responsabile dell'intelligence italiana. Oltre vent'anni dopo, è questa l'analisi del contesto della minaccia, lo scenario del Mediterraneo in fiamme potrebbe far di nuovo convergere interessi dell'epoca ma con nuove matrici ispiratrici: dell'Iran, minacciata con Roma e tutta l'Europa dal califfo integralista al-Baghdadi, della Libia, senza governo e in mano a bande estremistiche e, non ultimo, della Siria in fiamme e, infine della Siria. Ma nello scenario della minaccia c'è l'attualità quotidiana della minaccia sulla finestra meridionale dell'Italia sul Mediterraneo.

L'obiettivo sinagoghe è uno dei capitoli d'allarme: se ne contano a decine, sparse per l'Italia, dal Piemonte alla Sicilia. Proprio uno di questi luoghi italiani di culto ebraico sarebbe finito nel progetto di un'azione “dimostrativa” anti Israele nei giorni della guerra di Gaza. Dice un investigatore: «Sinagoghe, musei ebraici, si tratta di luoghi sempre super sorvegliati ma è bene alzare la soglia dei controlli, anzi in queste ore è urgente». Pur nella apparentemente scontata ipotesi di un possibile attacco terroristico a una sinagoga, gli uomini dell'Intelligence non sottovalutano il pur minimo indizio di un «riverbero pericoloso» sull'Italia della guerra israeliano-palestinese.



Se fosse solo questa la minaccia, il raggio dei controlli sarebbe particolarmente limitato. Ma nelle ultime ore i rischi sono entrati «pesantemente», dice un vertice dell'intelligence italiana anche sui trasporti aerei, con il «monitoraggio attento» sulla sicurezza delle vie aeree. La preoccupazione del Viminale e dei servizi di sicurezza è che il teatro della minaccia è troppo vasto per poter definire coordinate preventive con un margine di attendibilità a brevissimo periodo. Di qui, l'urgenza della convocazione per questa mattina del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, su richiesta diretta del presidente Renzi. I dossier, predisposti dal sottosegretario ai servizi di sicurezza Marco Minniti, particolarmente esperto nelle analisi della sicurezza interna ed internazionale e dell'ambasciatore Giampiero Massolo, garantiranno ai ministri (Alfano, Mogherini, Orlando e Padoan) tutti gli elementi per fronteggiare gli eventuali pericoli che arrivano dal Mediterraneo in fiamme. Dossier che sono anche sulla scrivania del presidente Napolitano. Di qui la preoccupazione del capo dello Stato sull'Italia esposta «ai contraccolpi di tensioni e tragedie dell'area mediorientale».



Quali cellule terroristiche collegate agli estremismi arabi operano in Italia? Non ci sono solo quelle di radice islamica di Al Qaeda, ora in minoranza, dopo la proclamazione dello Stato islamico con la nascita del Califfato che minaccia Roma e l'Europa. Ci sono cellule direttamente collegate alla Siria in fiamme. Ma non c'è solo la preoccupazione sulla instabilità del Nord Africa, nel novero delle minacce terroristiche. C'è un capitolo nuovo, entrato nei dossier di queste ore: è quello della minaccia che arriva dall'Africa sub sahariana, non nuovo ma, dicono gli 007, «inesplorata e soprattutto sottovalutata nel contesto della politica estera italiana». Di qui un monitoraggio sempre più attento e rigoroso dei flussi migratori. «Perché i terroristi potrebbero utilizzare la sponda italiana, attraversare il Paese e raggiungere tranquillamente qualsiasi capitale europea» dicono fonti dell'intelligence nella apparente ovvietà del transito ma sottintendendo il profilo inquietante di «soggetti sconosciuti ai quali bisogna credere, con il criterio della buona fede, nell'identità che dichiarano».



L'ultimo capitolo del dossier sicurezza, quello relativo alla crisi ucraina, è stato chiuso ieri sera a Palazzo Chigi anche all'esito della riunione del consiglio dei ministri dell'Unione europea svoltosi ieri. «Il salto di qualità del terrorismo dell'Est impone una risposta che l'Italia dovrà garantire non con linguaggio di guerra fredda ma di nuovi rapporti tra l'Ue e la Russia di Putin», conferma una fonte istituzionale. La crisi ucraina ora viene letta non solo come una convenienza di rapporti per le forniture energetiche ma anche come fonte di destabilizzazione per tutta l'Europa.