La Cina: «L'Inghilterra paese minore
se la Scozia diventerà indipendente»

Attivisti per l'indipendenza della Scozia a Edinburgo
di Luca Lippera
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Mercoledì 10 Settembre 2014, 17:19 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 09:58

L'indipendenza della Scozia farebbe scendere l'Inghilterra al rango di un Paese di seconda classe. Un giudizio sferzante sul referendum che la settimana prossima potrebbe ridisegnare il volto del Regno Unito arriva dal quotidiano di Stato cinese “Global Times”. Il fronte del S, dopo mesi di inseguimento, viene dato in vantaggio e una vittoria degli inpendendentisti, secondo Pechino, potrebbe rompere l'equilibrio del potere in Europa con conseguenze sulla geopolitica internazionale.

A Londra si avverte preoccupazione. Si vota il 18 settembre, giovedì prossimo, e in Scozia sono chiamati alle urne quattro milioni di persone, inclusi i sedicenni. «E' il loro futuro - ha detto il Governo di Edinburgo nell'ammetterli alla consultazione - ed è giusto che decidano». Gli ultimi sondaggi dicono che il fronte dei separatisti - «Yes» - è vicinissimo a quello degli unionisti - «Better together», meglio insieme - e ci sono segnali preoccupanti per la Gran Bretagna. Alcuni giganti bancari avrebbero ri-posizionato ben 25 miliardi di sterline negli Stati Uniti, togliendoli dalla City londinese, in attesa di conoscere l'esito del voto. Se le notizie che vengono divulgate sono reali - il fatto di prospettare una fuga di capitali potrebbe essere un modo per fare pressione sugli indecisi - è chiaro che le istituzioni finanziarie hanno fiutato un esito incerto. La sterlina da giorni continua a perdere terreno nei confronti del dollaro e dell'euro.

Alcuni parlamentari, essendo questo il clima, sollecitano il primo ministro Cameron a chiedere che la regina Elisabetta II interrompa «l'assoluto silenzio sul referendum ed esca dalla neutralità». Deputati conservatori e laburisti vedono nell'intervento della sovrana «una estrema risorsa per fermare l'avanzata del fronte del Sì». Gli independentisti avrebbero recuperato venti punti percentuali sul fronte che vuole restare nel Regno Unito. Ma Buckingham Palace ha gelato ogni aspettativa. «La regina - ha fatto sapere un portavoce - è al di sopra della politica e non influenzerà in alcun modo il referendum». Non lo farà a parole, questo ora è certo, ma ci sono fatti che potrebbero pesare molto di più delle parole: Elisabetta II, al momento, è nel castello di Balmoral, in Scozia, ed è lì - nell'Aberdeenshire, in una tenuta di 260 chilomteri quadrati,dove fu incoronato Giorgio IV nel 1822 - che attenderà il risultato. Con una consapevolezza: se anche vincesse il «Sì», conserverebbe il trono, regina dell'Inghilterra e regina della Scozia.

Tutti i politici di Londra sono da questa mattina in trasferta in Scozia nel tentativo di raddrizzare la barca e salvare l'unione. Non solo il premier, David Cameron, ma anche il suo vice, il liberale Nick Clegg, e il leader dell'opposizione laburista Ed Miliband. Cameron, in un discorso pieno di trasporto, ha lanciato un appello agli scozzesi: «Non separate la nostra famiglia, vogliamo che restiate con noi». Prima di partire per Edinburgo, il quotidiano “Daily Mail” ha ospitato un suo intervento: «Scozzesi, riflettete seriamente - ha scritto - Il voto avrà conseguenze per i figli, i nipoti e i bisnipoti. In caso di rottura non si potrà toranre indietro». Le parole del primo ministro sono state duramente criticate dal premier scozzese - la Scozia ha già ora un parlamento autonomo - Alex Salmond. «Il Team di Westminster - ha detto riferendosi ai politici inglesi sbarcati in Scozia - non capisce. L'ampiezza e la portata della campagna del Sì sono evidenti. Non si tratta del partito nazionale scozzese, dei verdi o di altri partiti: il movimento attrraversa tutta la società scozzese. Quello che ci interessa è un parlamento forte che possa creare posti di lavoro per la Scozia. Quello di cui sembra preoccuparsi la squadra di Westminster è solo il proprio posto di lavoro».

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