Referendum Scozia, domani il voto sull'indipendenza. Il fronte del “no” al 52%

Referendum Scozia, domani il voto sull'indipendenza. Il fronte del “no” al 52%
di Luca Lippera
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Mercoledì 17 Settembre 2014, 12:47 - Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 08:48

I segnali dicono che domani la Scozia decider di non avventurarsi nell'incognita dell'indipendenza e di restare nel Regno Unito di cui fa parte dal 1707. Gli ultimi sondaggi sulla consultazione che tiene con il fiato sospeso Londra continuano a fotografare - in modo unanime - un lieve vantaggio del fronte del No. Ma il primo ministro britannico, David Cameron, ha ammesso in una intervista al quotidiano The Times di svegliarsi la notte con l'incubo di una sconfitta.

Gli indipendentisti e gli unionisti, stando alle rilevazioni della vigilia, restano apparentemente testa a testa. Secondo l'ultimo sondaggio dalla società Opinium per il Daily Telegraph, i «no» sono al 52%, mentre i «si» si attestano al 48%. Stesso risultato per una ricerca realizzata dalla Icm per per il quotidiano Scotsman e per quella effettuata da Survation per l'edizione scozzese del Daily Mail. Ma lo stesso presidente della “Icm” ha ammesso con onestà che i dati, per una serie di fattori emotivi, potrebbero essere errati e che «i sondaggi sul referendum in Scozia potrebbero rivelarsi la più grande Waterloo nella storia del'industria demoscopica».

Lettera di Salmond agli elettori. Nell'ultimo giorno di campagna prima dello storico referendum sull'indipendenza della Scozia, Alex Salmond, il premier scozzese - la Scozia ha un parlamento autonomo ancorché non sia uno Stato sovrano - rivolge un nuovo appello agli elettori in una lettera aperta esortandoli a votare "Sì". «Facciamolo», scrive Salmond, chiedendo ai cittadini di estraniarsi dalle considerazioni di carattere politico (le polemiche tra i partiti) e di recarsi alle urne riponendo fiducia solo in loro stessi e nella propria capacità di giudizio. «Lo spazio per le parole è quasi esaurito - scrive Salmond - Restiamo noi: la gente che vive e lavora qui. Gli unici che votano, coloro che contano. Il futuro della Scozia, il nostro paese, è nelle nostre mani».

Ma i mass media britannici, molti dei quali basati a Londra, stanno bombardando l'elettorato con notizie che sottilmente tentano di orientarlo giocando la carta delle emozioni. Una banca olandese ha divulgato oggi - proprio oggi - il risultato di uno studio secondo il quale l'indipendenza provocherebbe danni incalbolabili all'industria del whisky. Salmond ha detto che la campagna per il referendum è stata la più «straordinaria campagna politica» nella storia della Scozia e che sarà un testa a testa fra i due schieramenti fino alla fine. Si dice sicuro, inoltre, che in caso di vittoria degli indipendentisti ci sarà un negoziato con Londra in un clima di «amicizia cameratesca».

E che soprattutto i leader di Westminster non saranno più contrari a una condivisione della sterlina col nuovo Paese, superando quello che lui definisce come un «atteggiamento mosso da ragioni politiche e un bluff». Salmond ha anche ricordato quello che per lui è stato il principale errore della campagna per il "no": «Il principale errore è stato dire alla gente in Scozia che la terra di Adam Smith non è in grado di gestirsi dal punto di vista finanziario». Il primo ministro scozzese ha affermato che uno dei momenti più entusiasmanti nella campagna è stato vedere gli elettori di Dundee, considerata una roccaforte dei nazionalisti, in coda per registrarsi al voto.

Politici insultati e minacciati. A un giorno dal referendum scozzese la campagna elettorale si infiamma più che mai. Secondo l'Independent, il clima è sempre più rovente mentre i politici dei diversi schieramenti alzano i toni e alcuni di loro sono stati insultati e minacciati.

Ieri il leader laburista Ed Miliband è stato costretto a interrompere una visita in un centro commerciale di Edimburgo da un gruppo di manifestanti pro secessione, che lo hanno apostrofato come «bugiardo» e «assassino».

Il deputato George Galloway, del movimento radicale «Respect», avrebbe ricevuto la minaccia di «prendersi un proiettile» in un comizio a Glasgow. Ma anche il mite Gordon Brown, l'ex premier laburista, ha dato ai secessionisti dei bugiardi per non aver avvertito gli elettori delle conseguenze negative di una indipendenza, a partire dai tagli necessari per il servizio sanitario pubblico. Il primo ministro scozzese, il nazionalista Alex Salmond, per tutta la campagna ha accusato Londra di orchestrare una sorta di «complotto» contro l'indipendenza, coinvolgendo in questo le grandi società britanniche. Non è stata risparmiata nemmeno la Bbc, definita come di parte e prevenuta per la sua presunta copertura della campagna in favore dell'unione.

Le donne determinanti. Il destino del Regno Unito è in mano alle elettrici scozzesi. È quanto emerge da un sondaggio realizzato dall'Opinium Research per il Telegraph, alla vigilia del referendum sull'indipendenza della Scozia.

Il 52% dei 1.150 scozzesi intervistati prevede di votare «no», il 48% «sì», mentre circa l'8 è ancora indeciso. Inoltre, sarebbe in crescita il numero delle donne a favore del «no». I risultati mostrano che la campagna per il no al momento ha un vantaggio di 16 punti tra le donne. Il dato è aumentato di due punti rispetto all'ultimo sondaggio di domenica dell'Opinium.

Tra le elettrici che già hanno deciso cosa votare, il 58% ha affermato che domani voterà no, mentre il 42% si è detto a sostegno dell'indipendenza. Il 53% degli uomini intervistati, invece, voterà sì. Infine, al sondaggio Telegraph/Opinium il 91% degli intervistati si è detto certo di cosa voterà, mentre solo l'1% ha deciso che non si recherà alle urne. Il sondaggio è stato condotto online tra gli scozzesi dai 16 anni - che potranno votare al referendum - tra venerdì e lunedì scorsi.

Le forze armate britanniche: «L'indipendenza ci renderebbe più vulnerabili». L'indipendenza scozzese renderebbe tutto il Regno Unito più vulnerabile agli attacchi. In una lettera al Sun, 14 ex capi delle forze armate sostengono che un «no» al referendum di domani è «cruciale per tutta la nostra sicurezza» e dividere la Gran Bretagna «indebolirebbe tutti noi». La lettera è stata firmata da sette ex capi di Stato Maggiore della Difesa, tre ex First Sea Lords (comandanti della Royal Navy oltre che di tutto il servizio navale), tre ex capi dell'esercito e un ex capo della Royal Air Force.

Nella «lettera aperta al popolo della Scozia» vengono espresse le loro preoccupazioni sulla possibilità di un esercito scozzese distinto. «In quanto ex capi della Royal Navy, dell'esercito britannico e della Royal Air Force, sappiamo che è fantasia parlare di forze armate regionali - hanno scritto - ci addestriamo come uno, combattiamo come uno e siamo sotto un unico comando. Noi non siamo, e non siamo mai stati, strutturati per la divisione». Secondo loro un voto per la separazione «minerebbe sia la difesa scozzese che quella del resto del Regno Unito». La divisione della Gran Bretagna, conclude la lettera, «può o non può essere politicamente o economicamente sensata, ma in termini militari siamo chiari: ci indebolirà tutti».

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