Regno Unito, tortura e uccide la moglie recitando il Corano per coprire le urla: condanna a 23 anni

Regno Unito, tortura e uccide la moglie recitando il Corano per coprire le urla: condanna a 23 anni
di Federica Macagnone
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Martedì 10 Febbraio 2015, 17:06 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 20:56

L'ha torturata fino a ucciderla, ha continuato a infierire su di lei mentre recitava il Corano per tentare di coprire le urla di dolore: Thahi Manaa, 37 anni, adesso dovrà scontare 23 anni di carcere per aver ucciso lo scorso marzo Sara Al'shourefi, 28 anni, madre dei suoi quattro figli.

Il rifugiato kuwaitiano ha picchiato e torturato per due ore la moglie mentre due dei suoi bambini, di età compresa tra i 2 e i 4 anni, si trovavano sotto lo stesso tetto nella casa di Sheffield, in Inghilterra. La donna è stata massacrata a colpi di spranga e torturata con un trapano: l’hanno trovata con parte del cuoio capelluto strappata e con un cacciavite conficcato nella cavità oculare. L'uomo le ha inferto 270 colpi con l'oggetto contundente, molti dei quali alla testa e al collo.

Poi, dopo averla finita, Manaa ha depositato il cadavere e le armi di tortura in un armadio e ha chiamato un agente di viaggio per progettare la fuga.

Ma recitare il Corano non è bastato a coprire le urla disperate della donna che sono state sentite dai vicini.

Così come non è bastato chiedere al nipote Ahmad Jabber di tacere dopo avergli confessato l'omicidio: il ragazzo, dopo aver ricevuto la telefonata delirante dello zio, ha immediatamente avvertito la polizia.

Oggi per l'uomo è arrivata la condanna: 23 anni di carcere che sarebbero stati di più se non fosse stato dichiarato affetto da una mattia psicotica che, secondo i giudici, ha rappresentato un fattore determinante nell'omicidio.

«È stato un attacco feroce e agghiacciante, una barbarie inimmaginabile – ha detto il gudice Cox - La vittima è stata colpita mentre era già sul pavimento sanguinante e strisciava sulle mani e sulle ginocchia. È rimasta viva per la maggior parte del periodo di torture, anche se potrebbe essere diventata incosciente nelle ultime fasi».

Manaa era fuggito nel Regno Unito nel 2010, sua moglie lo aveva raggiunto un anno dopo e i due avevano ottenuto lo status di rifugiati apolidi. Poi alla coppia è stato concesso un permesso di soggiorno nel Regno Unito valido fino al 2016. I due erano sposati dal 2004, anche se l'uomo, come consentito dalla sua cultura, era già convolato a nozze altre 4 volte. Per Sara quel matrimonio era stato un punto di svolta nella sua vita: aveva tagliato i capelli, non usciva, non frequentava quasi nessuno ed era isolata. Quando discuteva con il marito non alzava mai la voce, obbediva abbassando la testa perché non riteneva opportuno infrangere i dettami di Manaa. Ma non bastava. Sara veniva spesso picchiata e subiva abusi ma non lo aveva mai denunciato alla polizia: l'uomo aveva minacciato di ucciderla se avesse parlato e lei era preoccupata di poter perdere i suoi bambini. «Sara ha accettato tutto questo perché lo amava» ha detto il procuratore. Un amore che le ha aperto la strada dell'oltretomba.