Profughi e asilo, lo slalom della Merkel in casa nostra

di Alessandro Campi
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Lunedì 14 Settembre 2015, 23:44 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 08:10
Sono molte le ragioni, oltre quelle largamente sbandierate di natura etico-umanitaria, che nelle settimane scorse hanno indotto la Germania ad annunciare un drastico cambio nella propria politica in materia di immigrazione e di accoglienza ai profughi.

Certo, molto hanno contato, soprattutto a livello di pubbliche dichiarazioni, le immagini del bambino curdo trovato morto sulla spiaggia di Bodrum. Immagini che hanno improvvisamente rivelato al mondo il dramma dei siriani scappati dal loro Paese per colpa della guerra civile e dell’avanzata militare dell’Isis. E che certo hanno contribuito a risvegliare i sensi di colpa che ancora sopravvivono nell’inconscio collettivo dei tedeschi.

Ma uno statista consapevole delle sue responsabilità non può decidere su materie tanto delicate sull’onda dell’emozione, per un calcolo elettorale o per assecondare il sentimento - facile peraltro da influenzare e manipolare - dell’opinione pubblica. Nell’annuncio fatto dalla Merkel, in deroga al Regolamento di Dublino, si è detto sarebbero state accolte tutte le domande di asilo dei fuggiaschi siriani. Sull’annuncio fatto dalla Merkel hanno dunque pesato anche valutazioni d’ordine politico-pragmatico, che non è difficile elencare.

Ad esempio il convincimento che l’indiscussa leadership economico-finanziaria che la Germania esercita sull’Europa abbia bisogno, perché non si risolva in un’egemonia basata solo sulla potenza materiale e sui rapporti di forza, di essere legittimata dal punto di vista politico-morale. I tedeschi sanno cosa significhi essere temuti e al tempo stesso odiati.



Ciò che manca loro per svolgere la propria funzione di guida del continente è il rispetto che nasce non dalla paura o dalla soggezione, ma dall’esercizio della virtù e dall’essere additati ad esempio. E quale comportamento più virtuoso di chi decide di accollarsi, senza badare al proprio interesse immediato, il dolore del prossimo, mentre tutti gli altri si fanno guidare dall’egoismo?



Dal punto di vista strettamente politico, la scelta della Merkel è poi stato un modo intelligente per svelare l’inconsistenza pratica e la vacuità morale della propaganda populista e xenofoba. Alla destra che sbraita e propone ricette senza senso (rispedire tutti gli immigrati a casa loro, affondare i barconi, sigillare le frontiere, ecc.), la Merkel – campione del popolarismo moderato – ha opposto una soluzione che, distinguendo il dovere dell’accoglienza dovuta ai profughi dalla severità con cui va regolata l’immigrazione di natura economica, cerca di tenere insieme capacità di governo e senso dell’umanità, rispetto delle regole e spirito di altruismo. Se fino all’altro giorno i conservatori erano all’inseguimento della destra radicale, per timore di perdere voti, oggi il rapporto sembra essersi invertito proprio grazie alla mossa della cancelliera.



Non sono poi certamente mancati calcoli (al limite persino cinici) di natura economica e diplomatica. Accogliere nel proprio corpo sociale siriani scolarizzati e con discreti livelli professionali è cosa diversa dall’accogliere masse di analfabeti e manodopera disperata provenienti dall’Africa o dalle altre zone povere del pianeta. Non solo, ma mentre si fa una bella figura agli occhi del mondo e si inietta un po’ di energie fresche in società altrimenti stagnanti dal punto di vista demografico, si pongono anche le basi per contare nei consessi internazionali quando, prima o poi, si dovrà dare alla Siria e all’intero Medio Oriente un assetto politico nuovamente stabile. La presenza nel proprio territorio di consistenti comunità della diaspora siriana, alle quali si è generosamente offerta ospitalità, potrà rappresentare un efficace strumento di negoziazione e un modo, indiretto, per influenzare il futuro geopolitico ed economico di quell’area.



Questa complessità di motivazioni – al tempo stesso ideali e prosaiche – è la stessa che probabilmente sta alla base di quello che, negli ultimi due giorni, è stato presentato come un clamoroso voltafaccia, che ha portato diversi commentatori ed esponenti politici, dopo averla osannata, a rimettere la Merkel sul banco degli imputati e dalla parte dei cattivi.

In realtà, la Germania ha semplicemente deciso – visto che il senso della realtà prevale sempre sui facili entusiasmi – di varare controlli più rigorosi su chi entra nel proprio territorio e, al tempo stesso, di promuovere un flusso dei richiedenti asilo quanto più possibile ordinato e razionale, in modo da evitare gli indegni spettacoli cui spesso abbiamo assistito in queste settimane. Un modo per dettare, ancora una volta, le condizioni.



Il dietrofront Merkel sembra motivato dalla necessità di tranquillizzare quei settori dell’elettorato conservatore che ancora non hanno del tutto metabolizzato la sua svolta in materia di diritto d’asilo.

Si è visto ieri, al vertice di Bruxelles, quanto i Paesi europei siano ancora divisi e incapaci di trovare una linea comune, alle prese come sono tutti con preoccupazioni e calcoli di natura elettorale interna: comprensibili ma spesso meschini e alla lunga controproducenti. La Germania si è svegliata tardi rispetto al dramma dei profughi, sul quale l’Italia aveva da tempo richiamato l’attenzione. Ma adesso si prepara ad accogliere in modo stabile, secondo le previsioni del suo governo, quasi un milione di richiedenti asilo, con tutti i problemi logistici e materiali che un simile afflusso certamente provocherà (ma anche con i vantaggi sociali che alla lunga potrebbero derivarne).



E’ la dimostrazione che in Europa vince sempre il fai da te (purchè parli tedesco).