Ma l’odio jihadista non ci sottometterà

di Matteo Collura
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Domenica 25 Gennaio 2015, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 00:09
«L’è el dì di mort, alégher!» viene da dire, bazzicando il milanese, dopo aver letto i due libri che in questi giorni animano gli spazi culturali dei giornali e del web. Non c’è da essere allegri, perché “Numero zero” di Umberto Eco e “Sottomissione” di Michel Houellebecq, entrambi appena pubblicati da Bompiani, mostrano un mondo in cui non esiste alcuna possibilità di redenzione. Un mondo dove la disinformazione, a volte provocata dalla troppa informazione, copre le trame dei più biechi ladroni e impostori (Eco) o dove la sciagurata ricerca del quieto vivere a tutti i costi porta ad accettare la sottomissione a un despota che divora anima e mente degli individui (Houellebecq).

Tuttavia, pur se il libro di Eco è pervaso da un pessimismo efferato, è possibile cogliervi una certa leggerezza, diremo anche una certa allegria, addirittura goliardica; per dir meglio: un cinismo pieno di brio (lo stesso dell’autore, che nella sua testa sembra non invecchiare mai). Così non si può dire del romanzo di Houellebecq: un misto tra disperazione e rassegnazione, che gela ogni speranza, ogni possibile reazione, orgogliosa e sacrosanta. Per questo al libro dello scrittore francese dedichiamo qualche ulteriore riflessione.

Innanzitutto, questa: per l’Europa e l’Occidente in generale, il pericolo non è dato dai musulmani, da individui cioè di un’altra cultura religiosa rispetto alla nostra, cattolica o protestante, comunque cristiana. Houellebecq fa una distinzione, come tanti fanno, tra musulmani moderati (quelli che nel suo romanzo prenderanno il potere in Francia) e musulmani fondamentalisti. Però ritiene (sempre nella finzione romanzesca) che il vero pericolo è dato proprio da coloro i quali, nell’Islam, mostrano moderazione. Qui, sta l’errore, perché se è vero che i jihadisti, i combattenti dell’Is credono nel profeta Maometto, è altrettanto vero che a muovere le loro azioni è l’odio per l’Occidente e nient’altro; un odio cieco, assoluto, bestiale, radicato, che nessuno e niente può ridurre alla ragione. Questo spiega perché la stragrande maggioranza delle vittime dello jihadismo sono gli stessi musulmani che, nel mondo, hanno deciso di non sposare la sharia armata.

Il nostro nemico è l’Is, nostri nemici sono i jihadisti, nei confronti dei quali in tutto l’Occidente non vi può essere alcuna comprensione. Guerra totale a queste bestie sanguinarie. Non può esserci alcuna considerazione (qui, nella civilissima Europa) nei confronti di carnefici che tagliano la testa di un uomo – lentamente, davanti a una telecamera – servendosi di un coltello; che costringono i bambini a sparare a “nemici” inermi; che gettano nel vuoto degli esseri umani perché omosessuali. Sono loro e non i musulmani in generale che gli italiani, i francesi, gli europei tutti devono temere. Lo ha detto bene Michele Serra, nel biasimare la “lettura comoda e ombelicale” di un Islam contro l’Occidente. Ha usato parole chiare Vito Mancuso: «La distinzione tra terroristi e musulmani è assolutamente decisiva se non si vuole avere un miliardo e mezzo di nemici e ostacolare l’evoluzione positiva dell’Islam».

E a proposito dell’evoluzione positiva dell’Islam (positiva dal nostro punto di vista, ovviamente): occhio alla libertà senza alcun criterio, quando essa può portare anche individui insospettabili a scelte sciagurate. La libertà o è totale o non può definirsi tale, dicono gli intellettuali che hanno a cuore la democrazia. Ma non è caos la libertà assoluta? E la democrazia non vive di regole e di rispetto per gli altri? La negazione della Shoah in Francia è reato, punibile con l’arresto. Perché si deve poter liberamente prendere in giro Maometto in un giornale satirico? In casi come questo la censura (non dobbiamo avere paura delle parole, se riteniamo di essere nel giusto) è d’obbligo. E non perché sotto sotto aspiriamo alla sottomissione, ma, al contrario, perché vogliamo continuare a essere fieri della nostra appartenenza e della nostra cultura. Ma c’è un passaggio che squalifica ogni pretesa profetica nel libro di Houellebecq, ed è quello in cui si dice che c’è un rapporto stretto tra la sottomissione completa della donna all’uomo, come si può leggere nel romanzo che alcuni anni fa seminò scandalo, “Histoire d’O” di Dominique Aury, e la sottomissione dell’uomo a Dio contemplata dall’Islam. Niente può dare felicità come la completa, rassicurante sottomissione. Nel romanzo, le francesi ci cascano. Ora, questo può valere per non sappiamo quante musulmane, ma non certo per le francesi o le nostre donne. Da questo punto di vista, nessun pericolo. Riuscite a immaginare le nostre donne lasciare il lavoro, indossare il burqa, stare in casa tutto il giorno ad aspettare lo sposo che hanno accettato di condividere con altre donne, la cui unica soddisfazione personale è quella di indossare, sotto i barracani, biancheria sex? Occidentali sì, ma non fessi.