La morte dell'afroamericano Eric Garner: la campagna I can't breath scatena la reazione della polizia

La morte dell'afroamericano Eric Garner: la campagna I can't breath scatena la reazione della polizia
di Giulia Aubry
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Giovedì 18 Dicembre 2014, 18:54 - Ultimo aggiornamento: 19 Dicembre, 19:10
Dai social alle magliette. E viceversa. Oggi le campagne per i diritti umani e civili si muovono dal reale al virtuale senza soluzione di continuità e senza distinzione di posizioni. Nelle scorse settimane tutta la squadra di basket NBA dei Los Angeles Lakers guidata da Kobe Bryant, alcuni giocatori dei Phoenix Suns, dei Charlotte Hornets e dei Brooklyn Nets, così come Derrick Rose dei Chicago Bulls e LeBron James dei Cleveland Cavaliers, si sono presentati in campo indossando una maglietta nera con la scritta “I can’t breath” (in italiano: non posso respirare).





La frase, diventata un vero e proprio slogan, fa riferimento alle ultime parole pronunciate lo scorso 17 luglio da Eric Garner, il 45enne afroamericano morto soffocato durante un controllo per vendita illegale di sigarette perchè, secondo testimoni, un poliziotto del NYPD lo avrebbe afferrato per il collo in quella che, nelle arti marziali viene definita tecnica costrittiva, e il cui utilizzo sarebbe vietato alle forze di polizia statunitensi.



Sponsor d’eccezione dell’intera iniziativa è stato uno degli afroamericani più ricchi e influenti nel mondo, il rapper e produttore americano Jay-Z (noto anche come marito di Beyonce). Sui social la reazione non era stata del tutto positiva. Pur riconoscendo il merito di porre all’attenzione dei tifosi di basket una questione tanto delicata, anche sull’onda di quanto accaduto a Ferguson, qualcuno si era chiesto perché fosse stato scelto il Comic Sans come font ufficiale della campagna, generalmente più adatto a iniziative ludiche.



Di là dalla polemica “stilistica”, che rileva ancora una volta quanto sia oggi difficile rimanere sul tema (e “accontentare” tutti) quando si lanciano campagne di questo tipo in un contesto social, nei giorni scorsi – per rispondere alle polemiche e alla manifestazione che ha visto migliaia di attivisti per i diritti civili scendere in piazza a Washington – un poliziotto di Mishawaka, nell’Indiana, ha messo in vendita a soli 7 dollari e 99 centesimi una maglietta con scritto: “Breathe easy – don’t break the law” (in italiano: respira tranquillamente – non violare la legge).



L’iniziativa di Jason Barthel – questo il nome del poliziotto – non è passata inosservata e la polemica è esplosa sui social e sulla stampa. Intervistato dal sito di informazione statunitense Raw Story, l’uomo ha dichiarato che la sua iniziativa non va letta come una reazione o una sfida alla campagna lanciata da Jay-Z, ma come il desiderio di mandare un messaggio positivo e di unione al paese. Sulla pagina facebook della South Bend Uniform, società di cui è proprietario, in occasione del lancio della maglietta ha scritto: “vogliamo solo dire al paese che può respirare, perché la polizia è con i cittadini”.

Di là dalle presunte buone intenzioni (con tanto di marketing e guadagno garantito) del poliziotto di Notre Dame, qualcuno ha commentato: “Spesso dimentichiamo quanto siano insensibili le persone alle questioni di razza. Grazie per aver mostrato alla comunità che, per la polizia, è normale uccidere qualcuno perché sta vendendo illegalmente delle sigarette”.

Dal comic sans di Jay-z alle magliette della polizia di Notre Dame sembra proprio che i diritti civili nell’era dei social siano più una questione di apparenza che di sostanza…