E passando dal virtuale al reale – inteso come insieme di numeri e statistiche riportate da organi ufficiali – la situazione non migliora. Anzi. L’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi, il Bahrein e l’Oman non hanno accettato uno solo dei quattro milioni di profughi siriani in fuga dagli orrori della guerra e attualmente sotto l’egida dell’agenzia Onu per i rifugiati. La maggior parte di loro sono stati accolti nei campi profughi in Libano, Giordania e Turchia. Quest’ultima al momento ospita oltre 1 milione e 600.000 siriani, mentre Libano e Giordania sono alle prese con enormi difficoltà nella gestione dei campi dove, negli ultimi giorni, cibo e acqua sono diventati un bene rarissimo. Neppure di fronte alle richieste della UNHCR, l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, i 6 ricchissimi paesi del Golfo hanno mostrato disponibilità. Il report dell’agenzia UN, pubblicato lo scorso 18 agosto, elenca 29 paesi che hanno dato disponibilità all’accoglimento dei profughi con le relative “quote” di rassegnazione: 350 all’Italia, 1.000 alla Francia, 35.000 ingressi umanitari in Germania, 3.500 in Svizzera, 10.000 in Canada e così via. Ma di paesi del Golfo neanche l’ombra.
In un report di Amnesty International del 2014 risulta che i sei paesi hanno valutato complessivamente solo 5 richieste di asilo politico, tutte naturalmente respinte. Certo l’Arabia Saudita ha donato più di 90 milioni di dollari a UNHCR per il sostegno ai profughi siriani nel 2014 e negli ultimi anni gli aiuti complessivi provenienti dai sei paesi allo stesso scopo ammontano a 910 milioni di dollari. Il Kuwait ha dato la propria disponibilità a estendere i termini per i visti rilasciati ai lavoratori siriani nel paese. Ma la strada verso la solidarietà sembra essere ancora molto lunga e tanti, troppi cittadini di quei paesi cominciano a penare che ignorare la situazione non possa portare a risultati positivi. Per nessuno.