La messa dei vescovi americani al confine con il Messico commuove gli Usa: il cardinale O' Malley dà la comunione attraverso le sbarre

Sean O' Malley
di Anna Guaita
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Giovedì 3 Aprile 2014, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 09:14
La mano di un cardinale americano che dal territorio statunitense supera le transenne del confine per dare l’ostia della comunione ai fedeli che si assiepano in territorio messicano. Pochi gesti possono avere la potenza di quella mano accolta dalle lacrime commosse dei fedeli. Otto vescovi, guidati dal cardinale di Boston O’Malley, hanno tenuto una messa al confine fra Usa e Messico, martedì.



I vescovi hanno scelto Nogales, la più grossa città di confine in Arizona, perché qui il territorio americano è separato da quello messicano da una lunga palizzata di colonne di acciaio alte 5 metri l’una e distanti l’una dall’altra 10 centimetri. I vescovi si sono assiepati su un palco allestito per l’occasione, con la palizzata alle spalle, per ricordare gli oltre 6 mila messicani e sudamericani migranti che hanno perso la vita dal 1998 a oggi. Molti clandestini infatti, pur di entrare negli Stati Uniti, aggirano quelle mura imponenti spostandosi a ovest, e avventurandosi nel temibile deserto, dove spesso muoiono di sete.



Organizzata dalla Commissione Migranti della Conferenza Episcopale, la riunione voleva echeggiare la visita che Papa Francesco ha fatto a Lampedusa: «Il confine fra Messico e Stati Uniti è la nostra Lampedusa» ha infatti asserito il vescovo di Seattle, Eusebio Elizondo, sottolineando che la questione dell’immigrazione «non è solo un problema politico, ma morale e spirituale».



Nel passare il Sacramento dell’Eucaristia attraverso i pali del confine, il cardinale O’Malley ha voluto dare la prova di questa convinzione, significando che Cristo non conosce i confini stabiliti dagli uomini. Il fatto che il Cardinale avesse al suo fianco otto vescovi - giunti dal Texas, Utah, Washington, Giorgia, Nuovo Messico e California – ha rafforzato l’effetto morale e visivo della scena. Vari media hanno ricordato le parole che Papa Bergoglio aveva pronunciato subito prima del Conclave che lo avrebbe eletto pontefice: «La Chiesa deve lasciare tutto e andare nelle periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle umane ed esistenziali. Deve raggiungere gli ultimi, avvicinare le persone dove si manifesta il peccato, il dolore, l’ingiustizia e l’ignoranza».



I vescovi e il cardinale hanno ribadito la necessità di portare a compimento la riforma dell’immigrazione, un progetto di cui anche Papa Francesco e il presidente Obama hanno discusso durante la visita di quest’ultimo al Vaticano la scorsa settimana. Tuttavia l’ipotesi di una riforma negli Usa nell’immediato futuro appare improbabile. I democratici vorrebbero votarla, ben sapendo che la gratitudine della popolazione ispanica li aiuterebbe alle urne. Ma il partito repubblicano sa di avere una vittoria quasi sicura alle elezioni di metà mandato di novembre, quando non solo è certo che confermerà la maggioranza alla camera, ma potrebbe strappare anche la maggioranza al senato, di conseguenza non ha nessuna intenzione di avventurarsi in una legge complicata e controversa.



La missione dei vescovi e del cardinale non è comunque stata accolta da tutti con la stessa gratitudine. Il senatore repubblicano Al Melvin, che corre in Arizona per la sedia di governatore, ha protestato che la visita della delegazione dei religiosi «è irresponsabile». Melvin, che è cattolico, ha sostenuto che il gruppo «non porta stabilità, ma caos», e che l’iniziativa non contribuirà a proteggere vite ma «contribuirà semmai a farne perdere altre». Melvin è convinto che l’unica strada per diminuire l’immigrazione illegale, e quindi anche il numero di morti nel deserto, sia di creare opportunità di lavoro in Messico, favorendovi «l’espansione dell’imprenditoria privata».
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