Nel frattempo il padre la mise incinta quattro volte, ma nessuno dei figli porta il suo nome. Lei, che in tutti quegli anni non aveva mai trovato il coraggio di denunciarlo, prima per le minacce fisiche e poi per timore che le portasse via i bambini, solo a 40 anni trovò il coraggio di farlo. Si confidò con una dottoressa che la aveva in cura per la sua epilessia e le raccontò tutto: insieme cominciarono a pianificare una via di fuga.
E così, una notte, una squadra di polizia è andata a prelevarla da casa per portarla lontano, in un luogo protetto, per poi salvare i bambini dall'"orco" che era in casa e che loro chiamavano "papà". Katherine all'inizio era in uno stato di fragilità assoluta e sono serviti mesi di consulenza per tranquillizzarla. Alla fine, però, si è rafforzata al punto di riuscire a fare quello che avrebbe dovuto fare tanto tempo prima: raccontare alla polizia tutto quello che aveva subito in 27 anni .
Il suo racconto fu sufficiente. Quando gli agenti bussarono alla porta del padre per leggergli le accuse, lo trovarono impassibile, privo di emozioni e di rimorsi. Dal 2010 è in carcere per scontare una condanna a 22 anni.
Una storia raccolta dalla giornalista Sue Smethurst nel libro "Behind close doors" (Dietro le porte chiuse), in cui la protagonista viene chiamata con lo pseudonimo di Katherine X per salvaguardarne la privacy. Dopo la pubblicazione della storia sono stai moltissimi i messaggi di auguri e solidarietà inviati a "Katherine" via mail per esprimere solidarietà. «E' rimasta molto colpita - dice Sue - Dopo quello che ha vissuto non riusciva a credere che esistessero persone così gentili che si preoccupavano di lei. E' stata traumatizzata, ma ha tanto amore per i suoi figli. E' una donna spiritosa e luminosa: chissà che vita avrebbe potuto avere se non fosse stata vittima di quell'orrore?».
Katherine, vittima di una storia incredibile in cui non sono secondarie le responsabilità delle autorità, ha inoltre citato in giudizio il governo dello Stato di Vittoria per non aver compiuto il suo dovere nel proteggerla: quando lei raccontò le violenze subite agli assistenti sociali il caso fu sottovalutato. Nessuna cifra potrà mai ripagare la sua vita spezzata, ma comunque le è stato riconosciuto il risarcimento.