Lucas è un piccolo ometto di un anno. Balbetta le prime parole, gattona, si mette in piedi e cade giù. I genitori non lo lasciano nemmeno per un secondo, lo seguono con lo sguardo.
Lo sguardo di chi pensa di essere stato miracolato. Mentre raccontano la loro storia hanno gli occhi pieni di lacrime e di orgoglio per quel piccoletto che un anno fa i medici avevano condannato a morte. Lo sguardo che oggi si posa su Lucas non sarebbe lo stesso se un anno fa avessero seguito ciò che dicevano i dottori: il piccolo, gravemente prematuro, non sarebbe sopravvissuto se non con gravi disabilità. Il consiglio era solo uno: staccare la macchina che lo teneva in vita. Ma Sylvia Moore, 30 anni, e suo marito Tom, 33 di Rugby, Warwickshire, in Inghilterra, non ci hanno pensato nemmeno per un attimo: il bimbo ce l'ha fatta e insieme hanno potuto spegnere la prima di una lunga serie di candeline.
Più di molti altri bambini, Lucas è il frutto dell'amore e della determinazione di questi due genitori.
Hanno seguito l'evoluzione di Lucas nei 109 giorni di terapia intensiva fino a quando sono riusciti a portarlo a casa. Ora gli unici segni del suo calvario sono una miopia associata all'uso della macchina per l'ossigeno. «Mio figlio è un combattente – ha detto la mamma di Lucas – e noi gli staremo sempre accanto». Lucas sorride e ogni problema al mondo sembra svanire per questi due genitori. Sylvia e Tom si guardano e annuiscono. Il calvario sembra lontano e adesso c'è solo il loro piccolo. A staccare quella spina non ci hanno pensato nemmeno per un attimo.