Scrive «Il Khazakistan torni alla Russia» su Facebook: rischia sette anni di prigione

Scrive «Il Khazakistan torni alla Russia» su Facebook: rischia sette anni di prigione
di Giulia Aubry
2 Minuti di Lettura
Lunedì 12 Gennaio 2015, 13:02 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 17:35
E se i social media stessero limitando la libertà di espressione? Se nel poter scrivere liberamente (o quasi) tutto ciò che si vuole nel web 2.0 fossero (come più volte evidenziato da molti studiosi e semplici appassionati) presenti più rischi che opportunità.

È quanto, probabilmente, si sta chiedendo in queste ore Tatyana Shevtsova-Valova, kazaka appartenente alla minoranza (in quel paese) russa, che ha visto bussare alla sua porta la polizia locale con un mandato di arresto. L’accusa è di aver “incitato all’odio etnico”, un crimine che può comportare una pena fino a sette anni di reclusione.



La notizia viene direttamente dal sito web kazako NewTimes e da quello ucraino BY24 (entrambi più preoccupati di inviare un messaggio a tutti coloro che potrebbero fare propaganda alla Russia per bloccarli, che non di difendere la libertà di espressione), ed è stata diffusa in queste ultime ore anche dalla stampa occidentale.



La colpa di Tatyana è quella di aver pubblicato sulla sua pagina Facebook post in cui dichiarava apertamente il suo desiderio di un Khazakistan nuovamente russo ponendo l’enfasi sulle glorie dell’antica Unione Sovietica e sul valore del Presidente russo Vladimir Putin (un mix che a noi occidentali può forse apparire strano, ma che è rappresenta un sentimento profondamente diffuso sul territorio dell’ex URSS).



Sulla scia del successo dei separatisti in Crimea, molte minoranze russe all’interno dei paesi emersi dalla frantumazione dell’impero sovietico, si muovono sui social a supporto delle loro posizioni. Al punto che molti governi hanno cominciato a considerare queste espressioni come un serio pericolo alla stabilità delle loro giovani nazioni. Un sentimento diffuso anche tra i cittadini comuni se è vero che Tatyana si è ritrovata di fronte ai giudici a seguito della segnalazione fatta da 12 utenti Facebook kazaki che hanno considerato i suoi post offensivi e pericolosi.

La giovane donna è effettivamente molto attiva (e anche un po' aggressiva) sulla sua pagina Facebook, ma non meno di tanti altri utenti social.



A essere sotto accusa sono in particolare due post in cui la giovane russa ha scritto: «l’Unione Sovietica era 100 anni avanti. E ora è di nuovo il suo tempo» e «non mi vergogno di essere russa. Se continuerete a magnificare il nazionalismo radicale in Kazakhistan, accadrà la stessa cosa successa in Crimea. Il nord del paese, e forse anche altre aree, sceglieranno di andare con la Federazione Russa. Non attraverso un’annessione, ma attraverso un referendum, come in Crimea. Ci riuniremo volontariamente alla Russia»

Parole non dissimili a quelle che molti utenti Facebook scrivono ogni giorno nelle aree più “scissioniste” del mondo ma che a lei potrebbero costare sette anni di prigione.