Isis, yazidi 17enne incinta del suo stupratore: «Io e mia sorella di 10 anni violentate ogni giorno»

Isis, yazidi 17enne incinta del suo stupratore: «Io e mia sorella di 10 anni violentate ogni giorno»
di Federica Macagnone
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Venerdì 29 Maggio 2015, 18:19 - Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 11:53
Coloro che riusciranno a fuggire dall'incubo non torneranno mai come prima. I segni sono visibili sul corpo ma altrettante cicatrici albergano nella loro mente. Sono le donne yazidi costrette a subire abusi, maltrattamenti e stupri giornalieri da parte degli uomini dell'Isis. Molte hanno scelto di morire per non sottostare all'orrore, altre sopravvivono ogni giorno, per altre ancora il barlume di speranza si chiama fuga. Tra quest'ultime ci sono due sorelle di 17 e 10 anni che sono riuscite a scappare e che adesso, con gli occhi velati di paura, hanno raccontato i loro nove mesi nell'inferno.



Oggi la più grande delle due porta in grembo da tre mesi il figlio del suo violentatore e continua a svegliarsi in preda agli incubi per quanto è stata costretta a subire.



«Era come scegliere tra la morte e la morte – ha raccontato la 17enne che adesso aspetta un bambino dal suo aggressore – È stato terribile. Mi picchiava e mi abusava giornalmente».



Il calvario delle due sorelline è iniziato lo scorso agosto: quando gli uomini dell'Isis hanno invaso la città di Sinjar, le due sono state ammanettate e condotte con altre ragazze in un albergo di Mosul. Da lì, insieme a una decina di altre ragazze, sono state trasferite nella capitale dello Stato Islamico, Raqqa, per essere sottoposte a un esame invasivo che confermasse la loro verginità.



«Le vergini sono state portati in una stanza con 40 uomini - ha ricordato l'adolescente – ci hanno allineato mentre i combattenti indicavano con il dito quelle che volevano portasi via. Io ho pensato di essere fortunata perché non ero bella come le altre».



La ragazza e la sorellina sono state acquistate da Al-Russiyah, miliziano originario della Cecenia, che in soli dieci minuti aveva concluso l'affare stabilendo il prezzo per portarsi a casa quattro ragazze in tutto. Da quel momento è iniziato il viaggio verso l'orrore.



«Stupravano me e la mia sorellina di 10 anni ogni giorno – ha detto la ragazza - Al-Russiyah lasciava che di noi abusassero anche altri uomini. Un giorno hanno voluto che recitassi dei brani del Corano mentre mi molestavano. Se non facevo ciò che loro mi chiedevano mi gettavano acqua bollente sulle gambe».



Nove mesi d'inferno interrotti da un'improvvisa possibilità di fuga: ad aprile Al-Russiyah è stato ucciso, insieme ai suoi uomini, dalle forze peshmerga vicino Sinjar, nel nord dell'Iraq, e le ragazze sono state finalmente in grado di fuggire. «Ricordo che alcune di noi sono tornate di corsa dagli uomini dell'Isis – ha continuato la giovane – Avevano paura che, non riuscendo a fuggire, sarebbero state uccise o torturate: si diceva che a una ragazza riacciuffata durante la fuga fossero state tagliate le gambe».



Adesso che sono tornate da ciò che resta della loro gente, la vita è difficile: lo zio delle sorelline ha minacciato di uccidere la ragazza incinta, visto che ha subito abusi sessuali dai combattenti dello Stato Islamico. Lei adesso si sta preparando a un'interruzione di gravidanza sapendo che l'onta la perseguiterà per tutta la vita: la comunità yazidi è molto patriarcale e coloro che sono fuggiti dall'Isis sono considerati “contaminati”, anche se il loro più alto esponente religioso ha invitato le famiglie ad accettare nuovamente i loro cari.