Isis, la propaganda passa dagli Usa: i siti jihadisti ospitati su piattaforme statunitensi

Un'immagine di uno dei forum legati a Isis
di Giulia Aubry
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Venerdì 17 Luglio 2015, 16:44 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 02:03
Forum e siti dove Isis e altre organizzazioni terroristiche ed estremiste pubblicano video di decapitazioni e vere e proprie campagne di reclutamento e proselitismo sarebbero ospitate da piattaforme web statunitensi.

A sostenerlo - sulla base di un’analisi articolata supportata dall'utilizzo del motore di ricerca WHOIS, disponibile su myip.ms, che permette di risalire al nome del dominio, l’indirizzo IP e ad altre informazioni - è il sito di informazione Vocativ.com.

Secondo la ricerca, condotta da alcuni analisti del deep web, almeno tre compagnie statunitensi starebbero al momento ospitando siti web utilizzati da sostenitori di ISIS e di almeno un altro gruppo terrorista di matrice islamica. Attraverso tali siti, e i forum a essi correlati, verrebbero distribuite proprio quelle notizie, la propaganda e le campagne di reclutamento che vengono ogni giorno denunciate e veicolate dalla stampa di tutto il mondo.



Una delle piattaforme individuate da Vocativ – Automattic, con base a San Francisco – ospiterebbe un sito in cui vengono pubblicati abitualmente video tutorial che spiegano tattiche militari di infiltrazione in territorio nemico. Un’altra – Provo, situata nello Utah – avrebbe ospitato una repository con i documenti ufficiali di un gruppo di jihadisti ceceni guidati da Omar al-Shishani, uno dei principali comandanti di ISIS, responsabile delle operazioni nel nord della Siria.



Non è la prima volta che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare questa problematica. All’inizio di quest’anno la piattaforma CloudFare venne attaccata da Anonymous con l’accusa di “aver supportato il terrorismo” fornendo “protezione digitale” alla propaganda di Isis e ai siti di reclutamento contro possibili attacchi cyber. Il CEO della compagnia disse, in un'intervista al Mirror, che le accuse erano del tutto infondate.

La presenza di questi siti su piattaforme statunitensi è in realtà al centro di un dibattito piuttosto accesso nella comunità degli analisti di cybersecurity. Il confine tra opportunità e minaccia in queste situazioni può essere davvero sottile e costituire una grande sfida per la sicurezza. Lasciare che un sito o un forum si sviluppino su una piattaforma statunitense permette agli “sceriffi cyber” di monitorare messaggi, comportamenti e materiali prima che diventino di dominio pubblico e, alla fine, di chiuderli bloccando l’attività di quella specifica comunità al momento opportuno.

Alcuni poi ritengono che alcun di questi siti siano in realtà dei fake o, come vengono definiti oggi, dei “false fronts” – in italiano potremmo tradurli con “specchietti per le allodole” – creati appositamente per far uscire allo scoperto terroristi e simpatizzanti.

In ogni caso il Senato statunitense ha recentemente deliberato affinché tutti i provider internet americani segnalino immediatamente sospette attività terroristiche sul web alle autorità federali. E Obama ha più volte fatto pressione sulle compagnie della Silicon Valley affinché consentano l’accesso alle comunicazioni criptate che, secondo gli uomini dell’FBI, rappresentano attualmente il più potente strumento di reclutamento di Isis.

La guerra contro Isis si combatte su più fronti e con tutte le armi disponibili. Ma come ha affermato James Lewis, uno dei responsabili del Centro per gli Studi Strategici e Internazionali degli Stati Uniti: “Quello che ha cambiato tutto in questa nuova guerra al terrorismo è che ISIS è più efficace online di qualsiasi altro gruppo che si sia mai visto prima”. E ogni giorno l’ambiente del web e del deepweb divengono più liquidi e difficili da controllare anche da parte delle superpotenze.