Per l'Isis Michelle Obama vale 40 dollari: «Forse anche meno» al mercato delle schiave

Michelle Obama
di Alessandro Di Liegro
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Sabato 23 Maggio 2015, 14:22 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 14:27
L'Isis è così sicuro di riuscire a conquistare gli Stati Uniti, dopo aver annunciato tramite l'ostaggio John Cantlie di star pensando a un attacco epico, da pensare già a cosa fare non appena piantata la bandiera nera sulla Casa Bianca, o sui ruderi di essa.



Secondo la rivista Dabiq, il magazine istituzionale dei fondamentalisti islamici – quello delle ricette pro jihad – la prima cosa sarà quella di organizzare un mercato delle schiave. E la first lady americana, Michelle Obama, non sembra essere fra le più ambite: «Giuro su Allah – scrive la rivista – che il mercato delle schiave sarà organizzato contro la volontà del politicamente corretto» scrive Umm Sumayyah al Muhajirah, una editorialista del Dabiw che prende le difese del gruppo terrorista in merito al mercato delle schiave. «Chi lo sa, forse il prezzo di Michelle Obama potrebbe non superare un terzo di dinaro e un terzo di dinaro potrebbe essere troppo per lei». Un dinaro d'oro è attualmente scambiabile per circa 139 dollari.



La “giornalista” Umm Sumayyah ha scritto nei precedenti numeri del magazine, dicendo alle donne che l'immigrazione nel Califfato è obbligatoria per loro e per gli uomini. Il suo stesso nome, al Muhajirah, suggerisce che lei stessa sia un'immigrata. Nel suo articolo di sei pagine, intitolato “Donne schiave o prostitute» lei difende la pratica di prendere schiave attraverso la guerra, descrivendo l'atto come una grande profetica sunnah, contenente molti comandamenti divini e benefici religiosi. Oltretutto descrive i militanti dell'Isis che all'inizio non volevano prendere schiave come: «I soldati della Khilafah che hanno commesso un errore».

Molti reportage riguardo la schiavitù delle donne, riportano di stupri e di brutali aggressioni a scopo sessuale da parte dei militanti Isis, mentre recenti rapporti di gruppi di difesa dei diritti umani raccontano che le donne yezidi abbiano preferito il suicidio piuttosto che continuare a vivere con i loro “padroni”.



Per l'editorialista del Dabiq, invece, le reali atrocità commesse dall'uomo riguardano le prostitute che lavorano in occidente, anche quelle che lo fanno per scelta: «Una prostituta va e viene nelle tue terre, commettendo peccati apertamente – scrive – vive vendendo il proprio onore. E se, invece, una donna schiava viene presa con le armi e segue un guerriero che la riempie di attenzioni, la sua schiavitù è contraria ai diritti umani?».