Isis, jihadista neozelandese twitta e dimentica di disattivare il geolocalizzatore

Mark Taylor
di Federica Macagnone
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Venerdì 2 Gennaio 2015, 00:57 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 20:19

Certamente quel manuale dell'Isis sulla sicurezza sui social media, Mark Taylor non deve averlo nemmeno leggiucchiato velocemente: il neozelandese che dallo scorso giugno lotta a fianco degli jihadisti ha pubblicato una serie di tweet dalle zone di guerra senza mai disattivare il geolocalizzatore mentre viaggiava da una parte all'altra della Siria.

Per l'esattezza sono 45 i tweet incriminati che hanno fornito all'intelligence informazioni vitali sugli spostamenti degli affiliati allo Stato Islamico.

Mark, che ha cambiato il suo nome in Abu Abdul-Rahman e su Twitter è @M_Taylor_Kiwi, ha cercato di correre ai ripari una volta accortosi dell'errore fatale, ma era ormai troppo tardi: le informazioni erano state già archiviate dai servizi e il blog Ibrabo (che si definisce come un gruppo di ricerca Open Source Intelligence) ha raccolto una serie di dati che riguardano gli spostamenti dell'uomo.

I tweet mostrano che nell'ottobre scorso Mark era a Kafar Roma, una zona della Siria che il presidente Bashar al-Assad ha confermato essere stata occupata da sacche di combattenti stranieri dell'Isis. Dopo essere scomparso per alcuni mesi, ha ricominciato a twittare nei primi di dicembre da Al Tabqah, una delle roccaforti dello Stato Islamico.

Desideroso di affermarsi come un violento jihadista, Mark ha commesso un errore fatale che diventerà fondamentale per valutare il suo grado di infiltrazione nell'Isis se vorrà mai tornare nel suo Paese: il passo falso ha consolidato la sua posizione, confermando il suo coinvolgimento con l'Isis.

L'uomo era già venuto alla ribalta negli scorsi mesi per aver bruciato il passaporto neozelandese e pubblicato il video del falò su YouTube. Nel luglio di quest'anno ha detto che sarebbe rimasto in Siria «fino a quando non raggiungerò il martirio. Sono neozelandese, la mia posizione attuale è la Siria e il mio impegno è per la jihad, per Allah e il suo messaggio».

Ma la controversa storia di Mark affonda le radici qualche anno fa: nel settembre 2011 è apparso sul canale TV3 sostenendo che la sua vita era stata rovinata dopo essersi recato nel 2009 in Pakistan, cercando di entrare nella roccaforte di al-Qaeda di Wana. «La gente potrà darmi pure dello stupido – ha raccontato Mark – Ma io ero andato lì per cercare una moglie. È stato un errore, non avevo alcun desiderio di morte». Il suo nome era già diventato noto quando Wikileaks pubblicò una serie di documenti segreti che avevano a che fare con la sicurezza in cui si nominava l'uomo in una lista di altre 23 persone.

Nel 2011 il primo ministro neozelandese, John Key, disse che Taylor era stato sottoposto a una serie di restrizioni «perché sussistevano ottime ragioni per farlo». Ma, poco dopo, l'uomo lasciò il Pakistan e si trasferì prima in Australia, poi tornò in Nuova Zelanda, per andare infine in Indonesia, dove ha lavorato come insegnante di inglese fino al luglio di quest'anno, quando è partito per la Siria, attraverso la Turchia, nonostante le restrizioni di viaggio.