Isis, inviato in una moschea per farsi esplodere: 14enne si consegna alle forze dell'ordine

Isis, inviato in una moschea per farsi esplodere: 14enne si consegna alle forze dell'ordine
di Federica Macagnone
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Lunedì 29 Dicembre 2014, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre, 11:48

Dopo essersi arruolato la disillusione era arrivata presto. Così, quando si è trovato indosso chili di esplosivo nascosti sotto la giacchetta davanti all'ingresso di una moschea sciita di Baghdad, Usaid Barho, un 14enne siriano, si è rifiutato di farsi esplodere in nome dello Stato islamico: si è consegnato alle forze dell'ordine, raccontando il percorso di vita che lo aveva portato davanti a quella porta.

Prima che i miliziani arrivassero nella sua città natale Manbij, in Siria, Usaid era solo un adolescente che sognava di fare il medico.

Poi erano arrivati gli jihadisti e lui, che credeva nell'Islam, in un primo momento ha pensato che il proselitismo dei miliziani non fosse poi così sbagliato.

«Bisogna combattere gli sciiti, violenteranno tua madre» continuavano a ripetergli. «Ci hanno sedotto – ha raccontato Usaid - Il califfato ha piantato nelle nostre teste l'idea che gli sciiti sono infedeli e devono essere uccisi». Poi, con il passare del tempo, la fede cieca in quegli uomini era svanita. Ma era ormai troppo tardi per uscirne se non da morto. Così quando si è trovato al bivio in cui era necessario scegliere se essere un combattente o un attentatore suicida, lui ha scelto la seconda strada per tentare di allontanarsi dallo Stato Islamico.

Con in mente il suo obiettivo e gli occhi pieni di terrore, Usaid ha camminato fino alle porte della moschea nel quartiere Bayaa di Baghdad. Poi si è rivolto a una guardia e, sfidando gli ordini dei miliziani, ha sussurrato: «Non voglio farmi saltare in aria». Il ragazzo si è consegnato alle forze dell'ordine irachene che hanno rimosso l'ordigno esplosivo davanti agli occhi di un pubblico stordito. Adesso Usaid è nelle mani dell'intelligence e non è chiara quale sarà la sua fine. In ogni caso non dovrebbe finire sotto processo, come ha assicurato il funzionario che lo ha interrogato: «Se finisse in un tribunale saremmo dalla sua parte».

Com'è noto, lo Stato Islamico punta sui giovani per ricreare il grande Califfato del Levante. I combattenti sono incoraggiati a indottrinare anche i bambini in tenera età a una vita violenta e spesso i più piccoli sono al centro di video in cui sparano ed inneggiano ad Allah con in mano mitra e bandiere nere. Chi muore viene innalzato a martire da osannare, il suo corpo diventa mezzo di propaganda online.