Isis, i miliziani dello Stato Islamico distruggono il tempio di Baal shamin a Palmira

Isis, i miliziani dello Stato Islamico distruggono il tempio di Baal shamin a Palmira
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Lunedì 24 Agosto 2015, 09:32 - Ultimo aggiornamento: 17:08

Cinque giorni dopo aver decapitato su una piazza pubblica di Palmira Khaled al Asaad, 81 anni, uno dei massimi esperti siriani di antichità ed ex direttore del sito archeologico locale, l'Isis ha distrutto uno dei principali templi dell'antica perla nel deserto siriano.

È quello di Baal shamin, a poche decine di metri dal teatro romano della città, dove lo Stato islamico aveva inscenato alcune esecuzioni pubbliche. Anche questa volta a riferirlo è l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che cita alcuni residenti della città in fuga dalla furia assassina dei jihadisti. Il santuario di Baal shamin (Il signore del Cielo) è del secondo secolo dopo Cristo ed è dedicato ad una divinità assimilabile a Mercurio.

Il sito archeologico di Palmira è da mesi sotto attacco dell'Isis e la distruzione del tempio di Baal shamin è l'ennesimo duro colpo per l'antica città semita situata nel centro della Siria.

Il sito è caduto nelle mani dello stato islamico il 20 maggio e da allora è stato usato come palcoscenico per efferatezze e violenze. In un video diffuso all'inizio di luglio dall'Ondus, vengono mostrate immagini scioccanti: venticinque soldati siriani inginocchiati, alle loro spalle altrettanti giovani, alcuni ragazzini di forse 13 o 14 anni, che li uccidono con un colpo alla nuca mentre sulle gradinate dell'anfiteatro si vedono centinaia di uomini in abiti civili che assistono.

Dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità la città fiorì nell'antichità come punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano ed ebbe un notevole sviluppo fra il I ed il III secolo dopo Cristo. Per questo motivo fu soprannominata la “Sposa del deserto”. Il nome greco della città, “Palmira”, è la traduzione fedele dall'originale aramaico, Tadmor, che significa “palma”. La città è citata nella Bibbia e negli annali dei re assiri, ma in particolare la sua storia è legata alla regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, ai romani e ai persiani.

Poi venne incorporata nell'impero romano e Diocleziano, tra il 293 e 303, la fortificò, per cercare di difenderla dalle mire dei Sasanidi facendo costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica. A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano. Durante la dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Poi sotto il dominio degli arabi la città andò in rovina. Il sito archeologico comprende la via colonnata, il santuario di Nabu, le Terme di Diocleziano, il teatro e l'Agora. Vere e proprie perle architettoniche.

Fondato nel 1961 all'entrata della città moderna, il museo di Palmira raccoglie numerosi reperti ritrovati nel sito archeologico che testimoniano l'alto livello di raffinatezza raggiunto dall'arte palmirea. Per timore di distruzioni, centinaia di statue e reperti del sito siriano 240 km a nord-est di Damasco sono stati trasferiti in altre località già prima dell'assalto finale dell'Isis.

La distruzione del tempio di Baal Shamin costituisce «un crimine di guerra, e i suoi responsabili dovranno rispondere delle loro azioni», scrive in una nota il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova. «La distruzione sistematica dei simboli che incarnano la diversità culturale della Siria rivela le vere intenzioni di tali attacchi, che privano il popolo siriano del suo sapere, della sua identità e della sua storia», afferma ancora la Bokova, sollecitando la comunità internazionale a «fare prova di unità di fronte al protrarsi di questa pulizia culturale».

Il “custode” di Palmira, Al Asaad è stato barbaramente ucciso il 18 agosto: decapitato sulla pubblica piazza davanti al museo che per decenni ha diretto. Il suo cadavere appeso ad una colonna romana ha suscitato durissime reazioni internazionali e un profondo sdegno in tutto il mondo.