India, violentò 16enne: «Non mi pento». Il governo censura l'intervista choc allo stupratore

India, violentò 16enne: «Non mi pento». Il governo censura l'intervista choc allo stupratore
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Mercoledì 4 Marzo 2015, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 07:59
Una madre che chiede giustizia per la figlia e un'intervista choc che sta mettendo in imbarazzo l'India. Uno degli stupratori di Nirbhaya, ragazza violentata e ridotta in fin di vita a New Delhi nel dicembre 2012, non ha infatti mostrato alcun pentimento a distanza di oltre due anni.



Mukesh Singh, ha sostenuto di non essere pentito e ha criticato la giovane di «aver resistito allo stupro». «Queste persone sono una minaccia per la societa' - ha commentato la madre di Nirbhaya - e il governo deve eseguire la condanna a morte per impiccagione se vuole fare giustizia». L'intervista della regista britannica Leslee Udwin, che fa parte di un documentario chiamato «India's Daugther» ha mandato su tutte le furie il governo indiano.



Ieri sera un tribunale di New Delhi ha accolto la richiesta della polizia di New Delhi (che ha registrato una denuncia contro ignoti) di bloccare la trasmissione prevista per l'8 marzo sulla Bbc. Nell'ordine dei giudici si legge che Mukesh Singh (intervistato due anni fa nel carcere di Tihar dove si trova nel braccio della morte) «ha fatto dei commenti offensivi contro le donne creando un atmosfera di paura e tensione che può portare a delle proteste con rischi per l'ordine pubblico». Quindi, prosegue, la «pubblicazione o trasmissione dell'intervista è vietata fino a successivo ordine».



Sempre ieri sera, inoltre, il ministro dell'Informazione e trasmissione radio televisiva ha inviato una circolare (advisory) a tutte le televisioni indiane in cui si proibisce di mandare in onda il documentario della Udwin. Una emittente ha però fatto sapere che sfiderà il divieto. La regista ha sostenuto in una conferenza stampa ieri a New Delhi di aver ottenuto il permesso di intervistare il detenuto dai responsabili del penitenziario e anche dallo stesso ministero dell'Interno. Ha detto inoltre di aver sottoposto al governo una versione definitiva del documentario e di aver avuto il via libera alla sua diffusione.