Il modello Isis/ La competizione globale dell’orrore

di Giuliano da Empoli
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Mercoledì 26 Agosto 2015, 22:51 - Ultimo aggiornamento: 23:54
Sembra un video dell’Isis. L’assassino avanza verso la giornalista e il cameraman, alza la pistola, pare esitare per qualche secondo e poi apre il fuoco. Assistiamo alla scena dal suo punto di vista.



Perché a Bryce Williams non è bastato compiere il suo gesto in diretta, mentre i colleghi stavano girando un’intervista. Ha voluto anche riprendere la scena in soggettiva, come se si trattasse di un exploit sulle piste da sci. O, per l’appunto, di una macabra trovata del califfato islamico. La competizione dell’orrore è diventata globale, come tutto il resto.



Basta che un estremista francese o siriano metta a segno un colpo spettacolare perché un serial killer coreano o uno psicopatico americano si senta stimolato a fare di peggio. Poco importano le motivazioni, diversissime l’una dall’altra. Il mix di follia, narcisismo e violenza è sempre grosso modo lo stesso. In comune i tecno-assassini sembrano avere l’obiettivo di lasciare una cicatrice sui social network. Non un semplice messaggio che si inserisca nel flusso uniforme dei post e delle notizie, ma uno choc in grado di interromperlo: il selfie definitivo. Il risultato, invece, è proprio il contrario.



Dalle elaborate coreografie dell’Isis ai video artigianali dei killer solitari, ci stiamo abituando al reality della barbarie. Siamo un pubblico sempre più assuefatto, in parte vittima e in parte morbosamente complice dei video-assassini. Se, nella vita reale, abbiamo qualche speranza di riuscire a fermare i pazzi e gli estremisti, nella dimensione virtuale delle reti e degli schermi siamo completamente disarmati.



Trent’anni fa, in un film geniale, David Cronenberg aveva già raccontato tutto quel che c’è da dire sull’argomento.
In “Videodrome”, gli spettatori di un programma tv clandestino a base di tortura e violenza estrema non riescono a staccare gli occhi dallo schermo. Proprio non possono: è più forte di loro. D’altra parte non fanno nulla di male: se ne stanno tranquillamente in salone a guardare la televisione. Detto ciò, il film di Cronenberg, non è che finisca proprio benissimo, per loro.