Hong Kong, l’altolà di Pechino agli Usa: «Non vi immischiate in questioni interne»

Hong Kong, l’altolà di Pechino agli Usa: «Non vi immischiate in questioni interne»
di Fabio Morabito
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Martedì 30 Settembre 2014, 01:18 - Ultimo aggiornamento: 08:12

Da Pechino arrivato il primo seccato altol alla comunit internazionale, Stati Uniti in testa.

«Non vi immischiate, quello che sta succedendo ad Hong Kong sono questioni interne della Cina». È la stessa formula usata in altre occasioni, ad esempio quando il Dalai Lama girava il mondo per sensibilizzare i capi di Stato sul dramma del Tibet.

Un segnale spesso ascoltato, non in nome dell’autodeterminazione dei governi, ma degli interessi economici. Ieri però la Casa Bianca ha reagito ignorando l’invito, con un comunicato in cui si rimarca che gli Stati Uniti seguono da vicino le proteste e «sostengono le aspirazioni della gente di Hong Kong». Una dichiarazione muscolare, quando la Cina aveva usato la parola «sostegno», appena l’altro ieri, con un’ambiguità che poteva suggerire una minaccia, e cioè la possibilità di un intervento militare qualora il governo locale non riuscisse a gestire la contestazione. Un governo locale che cerca di affrontare la crisi con segnali contrapposti di durezza e di conciliazione. La durezza è nelle cariche della polizia, l’uso di idranti, lacrimogeni e anche liquidi al pepe spruzzati sulla folla, al punto che gli ombrelli, con i quali i manifestanti si difendono, sono diventati il simbolo della protesta. Con il governo che nega che siano stati usati - come molti hanno detto - proiettili di gomma. Il segnale di conciliazione è negli appelli a lasciare la piazza, fino a ritirare, ieri mattina, la polizia antisommossa. Ma è domani il giorno più temuto dalle autorità di Hong Kong, di fronte a una contestazione che si diffonde sempre più nella città-isola, regione a statuto speciale della Cina.

IL PRIMO OTTOBRE

È il giorno più temuto perché il primo ottobre Pechino festeggia la vittoria della rivoluzione e la fondazione della Repubblica popolare (è il 65.mo anniversario), e la protesta potrebbe impedire a Hong Kong la prevista parata militare. Ieri il governatore Cy Leung ha fatto il suo secondo appello ai manifestanti, dopo quello fallito di domenica con il quale aveva chiesto di sgomberare le strade occupate del centro città per non intralciare lunedì il ritorno al lavoro. Niente da fare, il movimento “Occupy Central” si pone proprio l’obbiettivo di bloccare le attività del centro finanziario della ricchissima isola, per contrastare la decisione di Pechino di “controllare” le libere elezioni previste per il 2017. I candidati potranno essere al massimo tre, e i loro nomi saranno indicati da una commissione di 1.400 componenti scelti dal potere centrale.

GLI STUDENTI

Sono stati gli studenti a scatenare la contestazione. Uno dei loro leader è il giovanissimo Joshua Wong, nato proprio nel 1997, l’anno che segnò il passaggio di Hong Kong da colonia britannica al controllo della Cina. Arrestato, ma scarcerato dopo due giorni per ordine della magistratura, che a Hong Kong è indipendente, plasmata com’è dal diritto britannico. Ma la protesta, ora, vede coinvolte tutte le classi sociali e tutte le età. È sceso in piazza anche il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, 82 anni. Dopo gli scontri, i feriti, gli arresti, le tensioni crescenti, il ritiro della polizia, resta il presidio in piazza. Pacifico, ma che non rinuncia, mettendo Pechino in difficoltà sulle decisioni da prendere.

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