Mossad, è morto Harari, il vendicatore di Monaco che distrusse Settembre nero

Mossad, è morto Harari, il vendicatore di Monaco che distrusse Settembre nero
di Giulia Aubry
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Lunedì 22 Settembre 2014, 22:17 - Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 09:32
Per tutti sar sempre l’uomo che guid la “vendetta” per i fatti di Monaco ’72, e le cui vicende sono narrate nel film Munich dove interpretato dall’attore israeliano Moshe Ivgy.

Eppure la vita di Michael Harari, morto domenica scorsa all’età di 87 anni nella sua casa di Tel Aviv, va ben oltre le narrazione – in versione romanzata e cinematografica – proposta nel film di Steven Spielberg.

Michael “Mike” Harari, oltre a essere conosciuto come “la spia del Mossad” per antonomasia, è per la maggior parte degli israeliani una vera e propria leggenda. Nella lunghissima carriera al servizio del suo paese, Harari ha attraversato tutta la storia israeliana, dalla nascita dello stato ebraico fino ai giorni nostri, svolgendo sempre un ruolo di primo piano grazie alle sue capacità operative e di pianificazione.



Giovanissimo (qualcuno dice già a 13 anni) lavorò come agente di collegamento e corriere per permettere agli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti di entrare (non proprio legalmente) nei territori palestinesi allora controllati dai britannici. Due anni prima della formazione ufficiale dello Stato di Israele combatté nelle forze di élite del Palmach contro i britannici e conobbe, in più di un’occasione, le carceri militari inglesi. Era poco più che maggiorenne e la sua carriera sarebbe continuata nelle fila di Tsahal – le forze armate israeliane – e poi nello Shin Bet, l’agenzia di intelligence per gli affari interni di Israele.

Ma è nel 1954 (secondo quanto riportato dai mezzi di informazione israeliani) che ha inizio la sua – spesso controversa – carriera di “super-spia”, quando il Mossad lo recluta affidandogli numerosi incarichi in territorio europeo.



È in quest’ambito che nel 1972, quando la sua fama è già consolidata, gli viene chiesto di costruire e guidare il gruppo che condurrà l’Operazione Ira di Dio. Scopo ultimo della missione era l’eliminazione fisica di tutti i soggetti ritenuti direttamente o indirettamente responsabili del massacro delle Olimpiadi di Monaco, nel corso del quale gli uomini di Settembre Nero avevano sequestrato e ucciso gli atleti della delegazione olimpica israeliana.

L’operazione durò oltre 20 anni e i diversi membri del commando (che variarono spesso e si avvalsero anche di elementi esterni al nucleo fondante per alcune specifiche operazioni) svolsero il compito loro assegnato in assoluta segretezza, uccidendo dozzine di palestinesi e arabi in tutta Europa.



Un’operazione complessa e sanguinosa che ebbe anche drammatici risvolti come nel caso del tragico scambio di persona passato alla storia con il nome di Affare Lillehammer che, nel luglio 1973, portò alla morte per uno scambio di persona di un cittadino marocchino di nome Ahmed Bouchiki. A guidare il commando in Norvegia, che avrebbe dovuto invece colpire il leader di Settembre Nero Ali Hassan Salameh, era proprio Mike Harari che nel 1999 venne sottoposto a processo per tale ragione. Nel frattempo, però, nel 1979 durante un’operazione a Beirut in Libano, lo stesso Harari era riuscito a eliminare il vero Salameh.

Ma Harari ebbe un ruolo fondamentale anche nella liberazione degli ostaggi israeliani all’Aeroporto Internazionale di Entebbe nel 1976, riuscendo – fingendosi un uomo di affari italiano – a entrare nello scalo ugandese per effettuare un sopralluogo che avrebbe permesso poi la realizzazione del blitz da parte delle forze speciali.



Alla fine della sua carriera Harari venne posto a capo della sezione del Mossad che si occupava dell’America Latina, prima di ritirarsi dalle attività operative. Ma in molti, affascinati dalla sua leggenda o semplicemente incuriositi da alcune “singolari” connessioni (come la sua presenza a Panama poco prima dell’invasione statunitense) sostengono che in realtà Harari non abbia mai smesso di lavorare per l’agenzia di intelligence israeliana. E a qualcuno piace (nel bene o nel male) immaginarlo impegnato a difendere il proprio paese fino alla notte di domenica scorsa. Una leggenda affascinante, controversa, contraddittoria che provoca sentimenti contrastanti, ma che – come tanti capitoli della storia di Israele - non può mai essere ignorata.
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