Gordon Brown all'Onu: «Emergenza infanzia dal Libano al Nepal all'Africa: aiutiamo i bambini ad andare a scuola»

Gordon Brown all'Onu: «Emergenza infanzia dal Libano al Nepal all'Africa: aiutiamo i bambini ad andare a scuola»
di Anna Guaita
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Giovedì 21 Maggio 2015, 23:38 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 13:12

NEW YORK – “Quando un genitore riesce a mandare i propri figli a scuola, può sperare in un futuro migliore per loro”. Ecco un’altra tessera che non dovrebbe mancare nel progetto di lungo termine che l’Unione Europea vuole costruire per fermare a monte l’ondata dei migranti: assicurare un banco in classe ai bambini di tutto il mondo, ma soprattutto a quelli che vivono in luoghi di massima crisi, come i bambini siriani, libici, sud-sudanesi, nigeriani. Ne parla alle Nazioni Unite Gordon Brown, ex premier laburista della Gran Bretagna e oggi inviato speciale dell’Onu per l’istruzione nel mondo. Brown è venuto al Palazzo di Vetro a New York a presentare un piano economico che potrebbe velocemente riattivare le scuole e ridare un futuro a milioni di bambini e ai loro genitori. In particolare ha raccontato di un accordo già stipulato nel Libano, che aprirebbe le aule scolastiche del Paese non solo ai bambini libanesi, ma anche ai 500 mila profughi siriani attualmente tagliati fuori dalla scuole. Il governo di Beirut ha accettato un progetto per i doppi turni: la mattina le aule accolgono i bambini libanesi, il pomeriggio i bambini profughi. Ma ci vogliono 240 milioni di dollari per attuarlo, per pulire le aule dopo ogni turno e pagare gli insegnanti.

Se si trovassero i soldi, già in agosto quel mezzo milione di bambini che passano le loro giornate senza scopo e senza speranze nelle campagne libanesi, potrebbero di nuovo sedersi a un banco a studiare.

“E’ inutile che vi ricordi che per un genitore, sapere che un figlio va a scuola significa sentirsi tranquillo, e sperare nel futuro” spiega Brown. L’ex premier sta battendosi per creare un “Humanitarian Fund for Education Emergencies”, una piccola riserva finanziaria, che verrebbe gestita dall’Onu, per intervenire con immediatezza laddove si sia creata una situazione per cui i bambini non possono andare a scuola. Intervenire subito per evitare che la situazione si incancrenisca.

Non solo nel Libano per i bambini siriani, ma anche nel Nepal, dove il terremoto ha distrutto 5 mila scuole e ne ha danneggiate 10 mila: “Riparare quelle danneggiate potrebbe essere realizzato velocemente se ci fossero 140 milioni di dollari pronto cassa, ma se dobbiamo aspettare che i fondi arrivino attraverso donazioni ecc, passeranno mesi”. Nel frattempo, circa 100 mila bambini sono tagliati fuori da quelle aule, e “ci sono bande che catturano le bambine per strada e le rivendono come schiave del sesso o come cameriere”.



Brown è categorico: “Questo non è l’anno del bambino, è l’anno della paura per il bambino”. Elenca tutti i luoghi caldi, dove ci sono state guerre, terrorismo e terremoti. Ricorda numeri raggelanti: 57 milioni di bambini fuori dalle scuole, 7,5 milioni di bambini profughi, 5 milioni di bambine obbligate a sposarsi prima del 15esimo anno d’età. E ricorda al mondo occidentale che “istruire uno scolaro in Africa costa 800 dollari, contro i 100 mila dollari che spendiamo in Europa”.

Se dunque vogliamo convincere i migranti a non lasciare le loro case, non dobbiamo dimenticare che la prima cosa che dobbiamo garantire a un genitore in Libano o nel Nepal, in Nigeria o nello Yemen, è “una scuola che dia ai loro figli la sicurezza e la speranza di un futuro migliore”.
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