Egitto, sciolto il braccio armato dei Fratelli musulmani

Egitto, sciolto il braccio armato dei Fratelli musulmani
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Sabato 9 Agosto 2014, 18:56 - Ultimo aggiornamento: 10 Agosto, 17:51
Un anno dopo le manifestazioni di piazza che hanno portato alla destituzione di Mohamed Morsi, la giustizia egiziana chiude il cerchio attorno ai Fratelli musulmani: decretando - con il placet del nuovo potere incarnato dall'ex comandante dell'esercito Abdel Fattah al-Sisi - lo scioglimento d'autorità del partito Giustizia e libertà, braccio politico della Confraternita, già bandita da mesi come «organizzazione terroristica».



La decisione dell'Alta corte amministrativa arriva alla vigilia della mobilitazione generale indetta dai sostenitori del deposto presidente, che in vista del 14 agosto, anniversario delle stragi a Rabaa e Nahda, si dicono pronti a scendere di nuovo nelle strade. Abbandonando le sbandierate tesi pacifiste e invitando i propri seguaci a riprendere le piazze, «armati» per far fronte alla prevedibile reazione delle forze dell'ordine.



Il piano dei Fratelli, reso noto con un comunicato via social network dai leader riparati all'estero, è quello di confluire al Cairo a partire dal 13 agosto e occupare nuovamente Rabaa e Nahda, dove un anno fa in centinaia vennero uccisi negli scontri con polizia ed esercito. I leader superstiti - la gran parte del gruppo dirigente è in carcere - invitano i membri di tutti i governatorati d'Egitto a coordinarsi per garantire un «afflusso di massa» nella capitale egiziana. Sul fronte opposto, le forze dell'ordine sono in stato di massima allerta, pronte a difendere in particolare alcuni commissariati strategici a Giza e Minya (a sud del Cairo), in quelle aree considerate ancora bastioni della Fratellanza. Occhi puntati anche sul Sinai, teatro da quasi un anno della guerra silenziosa contro formazioni jihadiste ancor più radicali, che solo negli ultimi giorni di operazioni militari conta «60 terroristi uccisi» e oltre 100 catturati. Le autorità hanno poi elevato l'allarme nei pressi del carcere di Tora, al Cairo, dove è recluso Mohamed Badie, il leader della Confraternita, e in quello di Borg al Arab, ad Alessandria, dove è invece imprigionato Morsi.



Ma non sono le possibili manifestazioni a preoccupare le forze dell'ordine: il timore è che con l'occasione dell'anniversario di Rabaa i jihadisti siano pronti a vendicare le sconfitte militari patite in Sinai a colpi di autobomba, anche nella capitale, violata pochi mesi fa dal primo attacco kamikaze nella storia recente del Paese.
E c'è l'incognita al Qaida, con il successore egiziano di Osama bin Laden, Ayman al Zawahri, che già da tempo ha bollato il governo del presidente Sisi come «colluso con Israele». Un'accusa che surriscalda il clima, già rovente dopo le violenti critiche delle fazioni radicali palestinesi per quello che viene definito il «mancato sostegno» del Cairo nel conflitto a Gaza. Alcuni osservatori ammoniscono che la guerra a Israele potrebbe essere l'occasione per scatenare una nuova ondata di violenze estremiste, dall'Egitto alla Libia, capace d'infiammare di nuovo il nord Africa orfano della Primavera araba.
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