Obama guida la guerra all'ebola, tre mila soldati in Africa

Obama guida la guerra all'ebola, tre mila soldati in Africa
di Anna Guaita
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Martedì 16 Settembre 2014, 18:19 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 14:19
NEW YORK – Gli Stati Uniti e l’Onu scendono sul piede di guerra contro il virus dell’ebola. Mentre da Ginevra il segretario delle Nazioni Unite per le emergenze umanitarie, Valerie Amos, annunciava il lancio di una coalizione mondiale per fermare la nuova peste, a Washinghton il presidente Barack Obama ha promesso di guidare l’intervento mettendo in campo per l’Africa Occidentale lo stesso tipo di aiuto che spedì nell’isola di Haiti dopo il terremoto del 2010. Tremila soldati americani e centinaia di ingegneri militari, accompagnati da decine di specialisti che si aggiungeranno ai 100 già in zona, avranno il compito di costruire 17 ospedali mobili dove addestrare 500 medici e infermieri a settimana.



Il presidente Obama ha disegnato l’intervento Usa sulla base delle indicazioni offerte dai Centers for disease control, alla cui sede centrale di Atlanta era atteso nel pomeriggio proprio per presentare ufficialmente il futuro impegno americano in Africa. Ma è chiaro che l’intervento viene anche in risposta ad alcune drammatiche denunce contro il caos nella reazione internazionale.



A Ginevra, il presidente dell’associazione Medici senza Frontiere, Joanne Liu, ha protestato: “Siamo onestamente sgomenti che una singola organizzazione non governativa come noi stia provvedendo la maggior parte degli aiuti, con letti di ospedale e unità di isolamento”. L’impegno Usa non è dissimile da quello già ordinato da Obama nel 2010 dopo il terremoto di Haiti. Allora furono inviate navi fornite di ospedali ed elicotteri, oltre a migliaia di Marines.



Adesso la punta di diamante delle operazioni sarà di nuovo affidata ai militari, per la precisione al “Comando Africa”, che aprirà un centro di coordinamento degli interventi internazionali a Monrovia, capitale della Liberia. Il Paese africano, che fu creato nell’Ottocento per dare una patria agli schiavil liberati, ha chiesto aiuto direttamente a Washington la scorsa settimana. Ma i soccorsi saranno indirizzati a tutti i paesi finora colpiti, e quindi anche alla Guinea, Sierra Leone, Nigeria, Senegal. E saranno condotti in sincronia sia con l’Onu sia con varie organizzazioni non governative, come Medici Senza Frontiere e la Croce Rossa.



Un immediato esempio di questa collaborazione sarà l’aiuto alle famiglie più esposte in Liberia alle quali verranno consegnate al più presto dei kit di pronto soccorso forniti di istruzioni su come proteggersi dall’infezione. Il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Margaret Chan, ha detto oggi che l’epidemia di ebola “non ha uguali nei tempi moderni”. Il suo vice, Bruce Aylward ha precisato che ci avviciniamo al tragico record di 2500 morti e 5 mila contagi: “E’ difficile far capire quanto è grave la situazione - ha detto -. Rischiamo molte decine di migliaia di vittime”.



Gli ha fatto eco Valerie Amos, segretario Onu per le emergenze umanitarie, che ha espresso il timore che l’epidemia porti a un totale collasso delle nazioni colpite. Amos ha ricordato che la necessità di trattare l’ebola ha di fatto azzerato ogni altro tipo di intervento sanitario di routine: i Paesi colpiti hanno addirittura rinunciato a continuare i piani di vaccinazione dei bambini, ad assistere le donne partorienti, a curare altre malattie come la malaria. In più i posti di blocco hanno “paralizzato il trasporto dei prodotti agricoli, colpendo quindi anche la disponibilità alimentare”. E le forti piogge “possono aver contribuito a inquinare le falde acquifere”.