Ebola, uccisi 120 medici: il doppio i sanitari colpiti in Africa

Ebola, uccisi 120 medici: il doppio i sanitari colpiti in Africa
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Lunedì 25 Agosto 2014, 17:41 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 09:49

Camici bianchi decimati dall'epidemia di Ebola in Africa: A oggi oltre 240 operatori sanitari sono stati contagiati in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone, e più di 120 sono morti». Uno su due. A lanciare l'allarme su una strage «senza precedenti» è l'Organizzazione mondiale della sanità che ricorda i medici, gli infermieri e gli altri operatori infettati dal virus come «eroi nazionali».

Angeli che hanno sacrificato la vita sul campo di battaglia contro l'Ebola. Questo bollettino di guerra che si allunga ogni giorno «ha reso difficile per l'Oms garantire il supporto di un numero sufficiente di personale sanitario straniero», avverte l'agenzia delle Nazioni Unite per la sanità.

Perciò «l'Unione africana ha lanciato un'iniziativa urgente per reclutare nuovi operatori sanitari tra i Paesi membri». Il problema più grave è che di fronte a questa moria dilaga il panico. «Il fatto che tanti operatori sanitari si siano ammalati aumenta ansia e paure: se anche medici e infermieri sono stati colpiti dal virus, che chance ha la popolazione generale?». Inoltre «in alcune zone gli ospedali sono considerati degli 'incubatorì di infezione», tanto da essere «evitati dai pazienti con qualsiasi tipo di malattia, riducendo i livelli generali di assistenza sanitaria».

Le ragioni del «pesante tributo» pagato dal personale sanitario all'epidemia di Ebola in corso sono diverse, analizza l'Oms. Un motivo è che questa volta l'infezione non interessa solo le zone rurali ma anche le città, dove la malattia è meno conosciuta e dove è più difficile interrompere la catena dei contagi. Sotto accusa c'è poi «la carenza di sistemi di protezione anti-contagio o il loro uso improprio», spiega l'agenzia ginevrina. «In molti casi mancano perfino guanti e mascherine, anche nei reparti dedicati».

Altre volte i materiali ci sono, ma vengono utilizzati male per l'assenza di un training adeguato. Oppure non vengono usati affatto solo per la fretta di aiutare un malato grave in attesa di cure: «Davanti a chi soffre il primo istinto della maggior parte dei medici e infermieri è soccorrerlo», senza pensare a se stessi. Un altro problema è che «gli equipaggiamenti per la protezione individuale sono caldi e ingombranti, specie in un clima tropicale. Ciò limita fortemente il tempo che medici e infermieri possono trascorrere nei reparti di isolamento», ma non frena l'abnegazione di molti: «Alcuni lavorano oltre i propri limiti fisici, cercando di salvare vite in turni di 12 ore, 7 giorni su 7. Il personale è esausto e tanti rischiano di commettere errori».

Per esempio confondere i sintomi iniziali dell'Ebola con quelli di altre patologie endemiche in queste zone (malaria, febbre tifoide, febbre di Lassa), non adottando le specifiche precauzioni anti-Ebola. In alcune aree, conclude l'Oms, «ci sono a disposizione appena 1-2 medici per trattare 100 mila persone, comunque concentrati nelle aree urbane». E quando anche questi pochi dottori si ammalano, o «alcuni operatori si rifiutano di lavorare paura del contagio, le strutture sanitarie chiudono del tutto compromettendo i livelli generali di assistenza». Dal parto in sicurezza alle cure anti-malaria.

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