Charlie Hebdo, Ahmed e Mustafa, arabi uccisi da arabi

Charlie Hebdo, Ahmed e Mustafa, arabi uccisi da arabi
di Roberto Romagnoli
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Venerdì 9 Gennaio 2015, 05:47 - Ultimo aggiornamento: 21:44

Mustafa e Ahmed sono i volti della Francia accogliente e multietnica che piange per la strage al Charlie Hebdo. Una strage che non li ha risparmiati e che, anzi, ha riservato a uno di loro il ruolo di “simbolo” della carneficina: un musulmano ucciso da musulmani per difendere la Francia.

L'ESECUZIONE

Ahmed è infatti il poliziotto inquadrato dalle telecamere che rantola sul marciapiede dopo essere stato colpito, che prova a sollevare le braccia in segno di pietà mentre vede avvicinarsi i terroristi.

Ma la pietà non abita nei cuori di quei due uomini armati e incappucciati. Dal kalashnikov parte uno o più colpi e Ahmed se ne va per sempre, la sua vita annientata da un “fratello” musulmano come lui. Solo che Ahmed, 42 anni, origini arabe, una compagna ma nessun figlio, “leggeva” la sua religione in tutt'altro modo. L'essere musulmano non lo aveva accecato e anzi, quasi a voler ripagare la Francia per aver accolto la sua famiglia, aveva deciso di entrare in polizia. Da otto anni faceva il poliziotto di quartiere, su e giù per le strade di Parigi con la sua bicicletta, anello di congiunzione tra una Francia che apre le braccia a tutti e una Francia - sia “pura” che “spuria” - che rifiuta quell'abbraccio. Un guardiano della pace «molto discreto e scrupoloso» lo hanno definito i colleghi del commissariato dell'undicesimo arrondissement. Ma anche guardiano di una fede che gli dava la capacità di rispettare, come la maggior parte dei musulmani di Francia, le pungenti provocazioni di Charlie Hebdo.

CORRETTORE DI BOZZE

Quelle provocazioni che Mustafa - Mustafa Ourrad - viveva ogni giorno da 17 anni nella sede di Charlie Hebdo dove lavorava come correttore di bozze. Lui è l'altro volto arabo di questa tragedia e quando ha visto irrompere i due terroristi in redazione al grido di “Allah è grande” forse, dopo aver pensato a sua moglie e ai suoi figli, avrà pensato che Nietzsche, un filosofo che lui amava leggere e rileggere, aveva ragione quando sosteneva che la religione non è che un mezzo per soddisfare la propria brama di dominio sugli altri.

Mustafa Orraud, 60 anni, era originario del villaggio Ait Larba della Cabilia algerina. Era nato nel 1954, l'anno in cui germogliò in Algeria la lotta per l'indipendenza dal dominio francese e che vide proprio la Cabilia tra le regioni più determinate. Mustavisse da da bambino il sanguinoso cammino del suo Paese verso l'indipendenza. Poi a venti anni, dopo studi i medicina e giornalismo, finanziato da un gruppo di amici parte alla volta della Francia. E lì era rimasto. Il lungo periodo degli anni caotici e difficili dell'integrazione si era concluso quando era riuscito a ottenere delle collaborazioni con una casa editoriale e alcuni giornali. Tutti restavano colpiti dalla sua bravura in qualità di correttore ma anche dallo spessore della sua cultura. Tra le sue doti più riconosciute, un acuto senso dell'autoironia, un forte ottimismo e una grande vivacità. Tre chiavi fomidabili perché gli si schiudesse la porta Charlie Hebdo. Questo avvenne nel 1997 e da allora Mustafa è diventata quella figura «discreta e professionale» «sempre pronto a correre in aiuto degli altri e mai disposto a parlare di se stesso» che garantiva della qualità di Charlie Hebdo. Chissà se i terroristi erano al corrente del suo sangue algerino. Se lo hanno voluto colpire proprio perché in qualità di non francese lavorava per Charlie Hebdo. Lo hanno ucciso stroncandogli un sogno: quello di diventare cittadino francese. Avrebbe voluto giurare fedeltà alla Francia. Lo ha fatto, ma non voleva farlo così.