Yara, foto e racconti choc in aula: Bossetti resta impassibile

Yara, foto e racconti choc in aula: Bossetti resta impassibile
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Mercoledì 7 Ottobre 2015, 15:38 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 21:03

dal nostro inviato Claudia Guasco

BERGAMO - Giuseppe Bossetti mastica un chewingum e guarda impassibile le immagini che scorrono sullo schermo. Il corpo di Yara in decomposizione, la mano destra scheletrica che afferra un ciuffo d'erba, gli slip rosa e bianchi tagliati che si intravvedono dal bordo del legging. Le immagini sono scioccanti, tanto che il presidente del tribunale Antonella Bertoja fa uscire il pubblico.

Il carpentiere di Mapello accusato dell'omicidio di Yara Garmbirasio non mostra turbamento. Nemmeno quando l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, il medico antropologo che ha effettuato l'autopsia sul corpo della ginnasta di Brembate, racconta nella quinta udienza del processo come è morta la dodicenne.

Colpita alla testa con un oggetto contundente, tramortita, seviziata con una lama affilata e abbandonata di notte nel campo freddo di Chignolo d'Isola.

FERITE SIMMETRICHE

Yara è stata ritrovata il 26 febbraio 2011 e al pool di medici sono serviti due giorni per completare l'autopsia. La ragazzina è morta il giorno della sua scomparsa (al massimo nelle prime ore del 27 febbraio) per una serie di concause: la debolezza derivante dal sanguinamento delle numerose ferite di arma da taglio che aveva sul corpo, alcuni traumi al capo, anch'essi non letali, e il fatto che sia rimasta per ore nel gelo dell'inverno. «Tutte le lesioni sul corpo di Yara sono state inferte quando era ancora viva», riferisce l'anatomopatologa Cristina Cattaneo.

Se il suo aggressore avesse infierito sulla ginnasta che si dibatteva, i tagli non sarebbero stati cosi precisi e simmetrici. Lei non si è difesa, è rimasta inerme in balia dell'assassino. La mappa delle ferite con cui il suo aguzzino l'ha tormentata viene ricostruita minuziosamente da Cristina Cattaneo: tre traumi alla testa e uno alla mandibola, una ferita da una parte all'altra del collo che ha intaccato la giugulare, due ai polsi che hanno raggiunto l'osso, «una a forma di x sul dorso e una a j poco più in basso».

Tutte trovano corrispondenza con altrettanti tagli sui vestiti, tranne due: quella sulla schiena e una che corre verticalmente lungo il torace. «Questo lascia pensare che la maglietta e la felpa siano state sollevate, e tra l'altro il reggiseno era slacciato», riferisce l'anatomopatologa

L'ULTIMO PRANZO A CASA

Dalle analisi effettuate sul corpo della ginnasta non sono emersi segni di violenza sessuale. Yara è morta nel campo di Chignolo, dove ha caplestato il terreno e non è stata trascinata come dimostrano le tracce di terreno pressato sotto le scarpe, «intorno alla mezzanotte del 26 novembre 2010», il giorno in cui è stata rapita all'uscita della palestra, «e non oltre le primissime ore del giorno successivo». Lo prova ciò che resta dell'ultimo pasto della ragazzina, che alle due del pomeriggio è tornata da scuola e si è seduta a tavola.

Nel suo stomaco c'erano ancora «tracce di bucce di piselli, rosmarino, amidi e fibre di carne», compatibili con il menù che la mamma Maura Panarese ricorda di aver preparato per il pranzo della figlia e dei suoi fratelli. Non solo. Il corpo «molto probabilmente in quel campo è rimasta per molto tempo, almeno due o tre mesi», come gli esperti hanno evinto dalla vegetazione circostante. Domanda dei difensori: e se il corpo fosse stato avvolto e tenuto coperto per qualche giorno prima di essere abbandonato nel campo? Risposta: «Faccio l'anatomopatologa da vent'anni, tutte le volte che mi sono imbattuta in casi di trasferimento o copertura del corpo abbiamo sempre trovato tracce».

OSSIDO DI CALCE

E invece le uniche trovate su Yara, oltre al dna di Bossetti e dell'insegnante di ritmica repertato sui vestiti della ragazzina, sono quelle di ossido di calce. «La presenza di queste microparticelle era enorme, molto diffusa sul corpo e sugli indumenti della ragazzina», riferisce il medico legale. Anche all'interno e all'esterno delle ferite. Come si spiega questo elemento tipico degli ambienti dei cantieri su Yara? Tamponi effettuati a casa, sui genitori, i prelievi sui terreni delle strade che abitualmente percorreva hanno dato esito negativo.

«Mi viene più logico pensare che qualcosa sporco di calce sia venuto in contato con gli abiti, la pelle e le lesioni della vittima», afferma Cristina Cattaneo. Che ricostruisce gli ultimi istanti della vita della ragazzina. L'erba che stringe nella mano destra non è radicata nel terreno, come ha ricordato erroneamente uno degli investigatori, ma «incastrato nel braccialetto e sotto un'ungha spezzata sono stati rivenuti due arbusti conficcati, che possono essere stati strappati solo con un movimento attivo di Yara». Scossa prima di esalare l'ultimo respiro da uno «spasmo terminale, tipico di un decesso preceduto da stress: vengono stretti oggetti afferrati poco prima della morte, sia che la vittima sia cosciente o incosciente».

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