MILANO - Forse non rappresenta la svolta processuale, di sicuro è un punto a favore della difesa per far uscire Massimo Giuseppe Bossetti dalla cella del carcere di Bergamo dove è rinchiuso dal 16 giugno, accusato di avere ucciso «con crudeltà» Yara Gambirasio.
Nella relazione in cui Carlo Previderè, ricercatore responsabile del laboratorio di genetica forense dell'Università di Pavia e chiamato dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri ad analizzare la presenza di peli e capelli sul corpo della vittima, viene riportata l'analisi del Dna mitocondriale. E da una tabella si evince come il dna mitocondriale di Bossetti - estratto dal campione 31G20 della relazione del Ris, ovvero la traccia isolata sugli slip della vittima - non coincida con quello di ”Ignoto 1”, cioè l'assassino di della piccola Yara.
«NESSUNA PROVA»
Per il consulente della famiglia Gambirasio, il genetista forense Giorgio Portera, «è solo una interpretazione e comunque rimane un dato incontrovertibile: la piena compatibilità del dna nucleare di Bossetti con quello di “Ignoto 1”».
Dall'analisi dei capelli e dei peli trovati sul corpo della ragazza, inoltre, nessuno «è risultato attribuibile» al muratore di Mapello, mentre «due formazioni pilifere possono essere attribuibili a un unico soggetto» da identificare tra quelle 532 persone la cui traccia genetica è stata catalogata in un database e contenute in una precedente consulenza. Se si aggiunge il fatto che sul corpo di Yara è stato repertato altro dna mai analizzato, che le proporzioni tra il dna maggioritario e minoritario nei campioni misti si sono invertite (prevale quello di Yara per 4/5, quello di ”Ignoto 1” è solo 1/5) e che sugli automezzi di Bossetti non è stata trovata alcuna traccia della ginnasta, ora per il muratore si riaccende la speranza di tornare libero in attesa del processo. La Procura ha tempo fino al 30 gennaio per chiedere il giudizio immediato.