Umberto Bossi e Lega, truffa da 40 milioni: verso il processo anche i figli Renzo e Riccardo, Rosi Mauro e altri 6

Renzo e Umberto Bossi (Bazzi/Ansa)
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Venerdì 29 Novembre 2013, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 14:38
MILANO - La Procura di Milano ha chiuso le indagini in vista della richiesta di rinvio a giudizio per Umberto Bossi, i suoi due figli Riccardo e Renzo, e altre persone per la vicenda della gestione dei fondi della Lega. Le accuse per l'ex segretario del Carroccio sono di appropriazione indebita e truffa allo stato per circa 40 milioni di euro. A Umberto Bossi sono contestate 208 mila euro di spese personali con soldi pubblici. Lo scrivono i pm di Milano nell'avviso di chiusura indagini. Il Senatur è accusato di appropriazione indebita per aver usato fondi pubblici del partito per pagare multe, cartelle esattoriali, «lavori edilizi» per la casa di Gemonio (1583 euro), assegni anche da 50 mila euro. E poi 160 euro per «acquisto regalo di nozze», 27 mila euro per «abbigliamento», gioielli, 1500 euro di dentista, 81 mila euro per lavori in una casa di Roma.



A Renzo e Riccardo Bossi, i due figli del 'Senatur' Umberto, viene contestato di aver usato a fini personali circa 303mila euro di soldi pubblici ottenuti dalla Lega come rimborsi elettorali. Lo scrivono i pm di Milano nell'avviso di chiusura delle indagini. Renzo detto 'il Trotà, accusato come Riccardo di appropriazione indebita, avrebbe speso tra le altre cose oltre 77mila euro per l«'acquisto» dell' ormai famosa laurea albanese «presso l'Università Kristal di Tirana». A Riccardo contestati diversi noleggi di «auto».




L'avviso di conclusione delle indagini firmato dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, in vista della richiesta di processo, riguarda 10 persone, tra cui Umberto Bossi, candidato per la segreteria del Carroccio, accusato di truffa e appropriazione indebita, e per i figli Renzo detto 'il Trota' e Riccardo, accusati di appropriazione indebita.



«Questa cosa non mi aiuta certo...una cosa che esce proprio adesso e mi lascia sconcertato»: lo ha detto all'ANSA Umberto Bossi, commentando la notizia della chiusura delle indagini a suo carico.
Bossi in particolare fa riferimento al rinnovo della segreteria della Lega, che lo vede candidato, in programma il 7 dicembre.




Tra gli indagati anche l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, l'ex vicepresidente del Senato Rosi Mauro e l'imprenditore Stefano Bonet in relazione allo scandalo sull'uso dei fondi della Lega scoppiato nella primavera del 2012, che ha travolto il fondatore della Lega Bossi e la sua famiglia. Da quanto emerge dall'atto dei pm, attraverso rendiconti irregolari presentati in Parlamento Umberto Bossi in «qualità di legale rappresentante» del Carroccio avrebbe truffato lo Stato per circa 40 milioni di euro.



Cifra maggiore rispetto a quella che era venuta alla luce fino ad oggi che era di circa 18 milioni di euro. Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, infatti, hanno analizzato oltre ai rendiconti del 2009 e del 2010 anche quello del 2008, per cui la Lega avrebbe ottenuto indebitamente rimborsi elettorali pari a «22.473.213» euro. Per il 2009, invece, avrebbe incassato illecitamente «17.613.250» euro, mentre nel 2010 «i revisori pubblici hanno dichiarato l'irregolarità del rendiconto» e i soldi richiesti non sono arrivati al partito.



Secondo l'accusa, la Lega avrebbe incassato soldi pubblici «in assenza di documenti giustificativi di spesa ed in presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito politico». Di qui l'accusa di appropriazione indebita per il Senatur e i suoi figli per una serie di spese personali.



Contestualmente alla chiusura delle indagini sui fondi della Lega a carico dell'ex tesoriere Francesco Belsito e dell'ex segretario Umberto Bossi, la procura ha chiesto l'archiviazione delle posizioni dell'ex ministro Roberto Calderoli, della moglie del Senatur Manuela Marrone e anche dell'ex legale del Carroccio e ex componente del Csm Matteo Brigandì.
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