Terrorismo, smantellata la rete milanese dei passaporti falsi per i jihadisti

Terrorismo, smantellata la rete milanese dei passaporti falsi per i jihadisti
di Sara Menafra
3 Minuti di Lettura
Lunedì 23 Novembre 2015, 14:32 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 17:58

Una rete dedita alla realizzazione di passaporti falsi e falsi permessi di soggiorno era direttamente collegata ad un gruppo di foreign fighters alcuni dei quali partiti per la Siria e altri arrestati a gennaio scorso. E' la conclusione a cui è arrivata nei giorni scorsi la procura di Milano con un'inchiesta, affidata al pm Alessandro Gobbis finita in sordina nelle prime ore quando l'attenzione era tutta sugli allarmi confermati e smentiti in giro per il paese. Il gruppo specializzato nel traffico di migranti e nella produzione di documenti falsi è stato rintracciato proprio partendo dalle indagini e dalle intercettazioni sui foreign fighters milanesi ed era composto di otto persone, quattro dei quali siriani.



I DUE NOMI

Due, soprattutto, sono i nomi interessanti del nuovo filone: Abd Alghane Zead, 26enne, indagato per terrorismo internazionale nell'ambito della prima inchiesta. L'altro nome che in queste ore viene riesaminato con attenzione è quello di Abou Azan Bassam, fratello di altri due uomini indagati nell'ambito dell'inchiesta chiusa a gennaio. I due fratelli di Bassam sarebbero a loro volta collegati ad un gruppo di miliziani finito in un famoso video pubblicato dal New York Times nel 2013 nel quale si vedono sette soldati dell'esercito di Assad uccisi a fucilate. L'organizzazione faceva proseliti anche a Milano e negli anni scorsi si sarebbe resa responsabile di aggressioni nei confronti dei siriani favorevoli al presidente.



I PASSAPORTI

L'indagine che è stata chiusa nei giorni scorsi, ma le informazioni in arrivo dalla Francia potrebbero cambiare il quadro di quanto ricostruito finora, tanto più che al Bataclan è stato trovato un passaporto falso intestato ad un profugo siriano. In queste ore infatti vengono ripercorse tutte le indagini recenti sui foreign fighters attivi in Italia e sui presunti fiancheggiatori. Di certo, quella che la Digos di Milano ha messo insieme è l'immagine di una rete capace di vendere passaporti falsi e falsi permessi di soggiorno in particolare a cittadini siriani ma strettamente collegata a miliziani.



La rete faceva in modo che chi pagava la tariffa giusta riuscisse poi ad arrivare nei paesi del nord Europa. Proprio Zead e Bassam (i due nomi coinvolti direttamente e indirettamente nel fascicolo sul terrorismo ndr) si sarebbero occupati di gestire gli arrivi dalla Siria e di raccogliere i soldi.



Per arrivare nel Nord Europa i migranti erano disposti a pagare da 5 a 12mila euro ai connazionali che organizzavano il viaggio. Viaggi organizzati tra il 2012 e il 2014 con un percorso consolidato: dalla Siria alla Turchia per poi salpare a bordo dei barconi diretti verso le coste europee. Arrivati in Italia e in particolare a Milano, la maggior parte dei siriani si dirigeva in Scandinavia, in particolare in Svezia. Le tariffe crescevano se oltre al passaporto venivano acquistati anche degli altri documenti.



I COMBATTENTI

Nell'operazione di gennaio erano state identificate sei persone andate a combattere in Siria, Haisam Sakhanh, elettricista che viveva a Cologno Monzese (in provincia di Milano) che, tra la primavera e l'estate del 2012 è andato a combattere in Siria. Insieme a lui per il paese siriano sarebbe partito anche Ammar Bacha ed entrambi avrebbero portato in Siria materiale d'armamento come visori notturni e puntatori di precisione. Un anno dopo, nel 2013, Sakhanh finisce in un video pubblicato dal New York Times in cui i miliziani giustiziano un gruppo di militari dell'esercito regolare del presidente della Siria. Nello stesso video alcuni combattenti, tra cui Sakhanh leggono un proclama in cui si annuncia la svolta in chiave jihadista delle milizie anti Assad.



Intanto in tutto il territorio proseguono i controlli sui soggetti considerati ”potenzialmente vicini” alle posizioni del fondamentalismo islamicoControlli, in particolare, sono stati eseguiti anche nelle carceri, nelle celle di detenuti jihadisti, e sono state potenziate le attività di intercettazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA